
Il Condominio 326B era uno dei tanti palazzi mastodontici, a forma di cilindro cavo, che riempiva il panorama acido della periferia.
Simili a torri di ciminiere senza scopo, i condomini erano poggiati su una scacchiera di fango putrido ed erba incolta; cicatrici d’asfalto gli correvano tutto intorno allacciando i palazzi tra di loro: le strade erano costellate da buche così profonde che anche la luce ci si perdeva dentro senza salvezza.
L’ultimo piano del Condominio, la soffitta toroidale, univa tutte le scale del cilindro riempito da più di mille famiglie stipate come crema in un dolce farcito.
Per percorrere tutta la soffitta ci sarebbe voluta almeno una giornata a buon passo. Ma nessun aveva bisogno di farlo e, tanto meno, nessuno avrebbe avuto le forze necessarie per mantenere un ritmo decente per percorrere tutto l’anello.
Come ogni sera, dopo cena, all’incirca dopo le nove, la soffitta si animava: dalle scale fatte di gradini sbriciolati, come denti rotti da un tirapugni, salivano sciami di ragazzini che vociando sgraziatamente caracollavano nelle ex lavanderie e ripostigli.
«Ehi Molla, come va bello?» chiese Greg, un bambino con i denti neri per il troppo fumare pipe di metanfetamina.
Molla, che era già intento a sniffare coca, si girò lentamente e fece segno unendo pollice e indice tremanti. «Tutto bene, come al solito ci prepariamo per la grande serata. Oggi niente colla da aspirare? Hai fatto i soldi?»
Greg, si strofinò il naso, prese una bustina di cristalli da una tasca bucata del pigiama e disse: «Oggi va così! Diciamo che i mie vecchi mi hanno fatto un regalo senza saperlo…»
Si misero tutti e due a ridere dandosi pacche sulle spalle. Greg sistemò i cristalli celesti su un vecchio tavolaccio e iniziò a frantumarli fino a farli diventare polvere da sniffare più agevolmente. Fece cenno all’amico di avvicinarsi. Ma Molla fece no con la testa: «Lo sai che ormai l’unica cosa che mi spara nelle vene un po’ di coraggio è la vecchia e fidata amica cocaina.»
Tutt’intorno a loro c’erano decine e decine di ragazzi che si preparavano a consumare droga nei formati più svariati e fantasiosi. Ma tutti avevano un unico scopo condiviso, solo uno.
All’improvviso una sirena rimbombò nell’enorme e cava soffitta del Condominio 326B: un minuto a mezzanotte. Tutti alzarono lo sguardo verso il grande orologio meccanico e contemporaneamente presero le armi che erano nascoste nei vari armadi vetusti della soffitta: spade, lance, coltelli, archi e fionde.
Sulle persiane blindate si iniziavano a sentire degli stridii di metallo su metallo. Si percepiva il ticchettio di dita ossute e artigli giganti. I ragazzi potevano sentire la puzza di decomposizione che s’insinuava nelle stecche delle finestre come un serpente sinuoso a più teste.
Molla e Greg si scambiarono uno sguardo d’intesa, serrarono le mani magre sulle armi fino a farle diventare bianche e si posizionarono spalla a spalla.
Era arrivata l’ora, come tutte le sere, di difendere il Condominio. Difendere loro stessi, le loro famiglie e i loro vecchi. La battaglia stava per iniziare e in un’ora si sarebbe deciso il destino di migliaia di persone.
Come ogni dannata sera, di ogni dannato mese, in ogni dannato Condominio.