
Era buio. Difficile vedere ad un palmo dai propri baffi.
La luna, però, era luminosa.
Il coniglietto sapeva che bastava rimanere nella sua luce per non perdersi. Non doveva avere paura.
Il musino fece capolino dall’oscurità e le lunghe orecchie si piegarono all’indietro, recettive ad ogni rumore. Era una notte tranquilla.
La codina vibrò un poco, facendo eco al suo nervosismo. Poi, forte del coraggio dei giovani, il coniglietto si buttò in avanti ed entrò al centro del cono di luce offerto lui dalla luna.
Era allo scoperto. Non gli rimaneva che correre.
Le zampine anteriori si gettarono in avanti su spinta di quelle posteriori, ben più lunghe e robuste. Le orecchie rimanevano piegate all’indietro, aderenti al corpicino curvo e nero. Un’ombra su una tela chiara.
Trovò quattro germogli di cardo selvatico al di là della collina più alta. Uno più delizioso dell’altro.
Li divorò tutti, ghiotto. Il rumore dei dentini sul fusto della pianta era simile allo scricchiolare di passi felpati su dei rami secchi. Forse per questo non si rese subito conto della presenza del lupo.
Quando se ne accorse, ce lo aveva davanti.
«Buonasera.» Disse il Lupo.
«Intendi mangiarmi?» Il Coniglio era un tipo pratico.
«No.» La domanda aveva indispettito il predatore: aprì la bocca, mostrando i denti. «Trovo maleducata la tua insinuazione.» Un ringhio profondo, simile allo scroscio dell’acqua tra le rocce del fiume, fece tremare il bosco. Persino la luna, per un istante, oscillò a destra e a sinistra. Doveva aver avuto paura anche lei.
«Molto bene.» Il Coniglio alzò le zampine anteriori e le strofinò sul musetto, pulendolo. Le orecchie lunghe tornarono a puntare verso l’alto. «Cosa vuoi, allora?»
La tonda luce della luna incorniciava i due interlocutori. Era rassicurante e spaventoso allo stesso tempo: solo in quel ristretto cerchio il lupo e il coniglio potevano vedersi, eppure era proprio quella opportunità a spaventarli.
«Sono venuto a dirti che tocca a te, se vuoi.» Il Lupo era molto grosso a confronto del Coniglio. Così grosso che quando si calò su di lui parve inghiottirlo. «Puoi farcela.»
Il Coniglio non si mosse. Era coraggioso. «Lo so.» Si alzò sulle zampe posteriori, ben piantate al suolo. Quelle anteriori si protesero, invece, verso il muso del Lupo. «Anche un coniglio può diventare un lupo. Adesso lo sapete tutti.»
Accadde allora qualcosa di straordinario: quando le zampette anteriori del coniglio toccarono il muso del lupo, questo si accartocciò su se stesso, poi si gettò all’indietro. Fu allora la volta del coniglio di accartocciarsi, per poi gettarsi in avanti. In quel momento i due corpi si unirono in un’unica, caotica, macchia nera.
Quando quel groviglio di ombre si districò, a nascerne fu un solo enorme lupo.
«Non esistono conigli che non possono diventare lupi.» Disse a quel punto una terza voce.
Poi le luci nella stanza si accesero, la lampada venne spenta e le mani dell’attore si abbassarono lungo i suoi fianchi.
Uno scroscio di applausi eruttò da una platea di bambini.