Il dolce suono del consenso

Un odio che ti entra dentro in questo racconto di Dand Elion, settimo classificato nella 125° Edizione del Contest principale del Mondo di Minuti Contati con Raffaele Marra come guest star.

 
Sono entrati a casa mia una sera, senza preavviso. Non era stata una giornata particolarmente diversa dalle altre. Ero sul mio divano, quello marrone, sgangherato, con i graffi del gatto e qualche molla da oliare. Stavo con una birra in mano, e alla televisione c’era un damerino imbellettato. Dicono che questi quiz sono tutti una cazzata, che sono manovrati. Che alla fine la gente i soldi non li vede, ma ci va solo per andare in televisione. “Boh, può darsi” mi sono sempre detto io. Comunque ero sul mio divano, con la mia birra a pensare alle bocce della concorrente, notevoli, e a quel cicisbeo che la guardava.
Una bionda, riccetta, sui 25 anni. Stupida come un Darwin Award.
Mi è sembrato di vedere in prima serata la mano del cretino farsi largo tra le tette della bionda.
Ho guardato meglio e invece no. L’ho solo immaginato. Poi anche fosse “copriti, no, puttana?”.
Mentre pensavo queste cose li ho visti. Ho aperto meglio gli occhi fissandoli, col collo storto e la testa piegata in avanti a sinistra. Non riuscivo bene a capire cosa fossero, cosa cazzo ci facessero nel mio salotto. Ho guardato la mia FAXE 10%, ho scosso la mano, ok ero alla seconda, ma era ancora quasi piena.
Ho tirato la testa ancora più avanti, indeciso se scrutarli meglio o iniziare ad urlare, ma sembravano così assurdi, così innocui, così.. così tranquilli che sono rimasto spiazzato.
Uno di loro si è avvicinato piano, e strisciando mi ha sibilato in un orecchio «bella troia, vero? Si vede da come veste che lo vuole tutto.» Non ho capito che parte di lui mi stesse parlando perché non aveva una bocca o qualcosa di simile.
Ho provato ad alzarmi, ma altri due mi avevano ancorato tra loro le caviglie, una morsa ferma, ma con qualcosa di gentile. «Certo che se quel negro non avesse 35 euro al giorno, chissà, magari lo Stato avrebbe i soldi per darti una casa popolare.. e tu potresti poggiare il culo su un divano più comodo di questo»..
Ho pensato di scuotermi dando un sorso alla mia birra, ma un quarto di loro mi aveva fermato la sinistra «Lo senti anche tu questo bambino che piange, che fastidio? Fosse mio figlio lo pisterei finché non smette».
È strano, è difficile da spiegare, come tutte queste cose le pensassi da molto anche io, ma mi sarei vergognato di dirle.. Una sorta di pudore, forse rispetto: l’educazione ricevuta dai miei. Dette, invece, avevano un suono sublime, sembravano miele ai miei orecchi. Il dolce suono del consenso.
L’ultima mano libera dai tentacoli di quelle cose aveva il telecomando: volevo spegnere la tv e godermi il suono della voce calda e viscosa di questi esseri, non mi importava nulla del resto.
Mentre facevo per spegnere un tentacolo mi è sguisciato in gola, ho provato a tossire, ho provato a vomitare, ma l’ho sentito, chiaramente scendere nell’esofago, le ventose sulle mie pareti interne. Puro terrore.
Una voce molto meno accattivante mi sbatteva tra le tempie parole che non voglio ricordare.
Non so quanto tempo dopo mi abbiano trovato: pensavo di essere morto, ma se sono qui a raccontarvelo non è così.
Mi hanno ricoverato.
Intossicazione, dicono. Quei polpi terrestri non esistono, dicono. Proiezioni della mia mente, dicono..
Ma io li ho visti, lo so!
Quei fottuti polpi mi hanno cambiato!
Adesso li evito: so bene che certe cose possono fare male, uccidere, quando le lasci entrare nelle tue viscere.