Il tapis roulant

Tutum, tutum, tutum.
Cosa sarà? Una lavatrice o un tapis roulant?
Erano giorni che Fausto se lo chiedeva. Fissava il soffitto cercando di immaginare cosa potesse mai fare la vicina del piano di sopra alle due di notte.
Era diventata talmente un’abitudine, dopo due mesi che viveva lì, da aver sincronizzato il rumore con il battito del suo cuore.
Tutum, tutum, tutum.
Avrà anche settant’anni, pensò, ma prima o poi bisognerà dirle qualcosa.
Passò un’ora a sospirare, rigirarsi nel letto, guardare video su YouTube, alzarsi a bere, pisciare e mangiare qualche biscotto. Poi, qualcuno bussò.
Fausto guardò l’orologio alla parete: le tre e mezza.
Con pochi passi, in punta di piedi, si avvicinò allo spioncino. Vide il signor Righetti in pigiama, con l’aria sbattuta quanto la sua. Aprì.
«Mi scusi se l’ho disturbata» disse mesto Righetti. «Ho visto la luce da sotto la porta e ho capito che era sveglio anche lei.»
«Sì, non si preoccupi.» Fausto si pulì le briciole dei biscotti dai calzoncini.
«La sente anche lei, vero?»
Fausto annuì all’ovvietà. Ci si metteva anche lui, volendo far conversazione tra insonni?
«Quella è pazza!» aggiunse convinto il signor Righetti.
«Non esageriamo. Ha solo una lavatrice molto rumorosa.»
«Ma quale lavatrice! Quella, corre!»
«Ah, quindi è un tapis roulant?»
Il signor Righetti scosse il capo.
«Corre per casa. Sento i colpi dei calcagni. Fa un percorso in casa e ride. La sento ridere.»
«Questa mi è nuova. Ne è sicuro?» Se fosse stato davvero così, allora era davvero suonata. «Magari ascolta qualche programma con le cuffiette. Ma è sicuro che non ha un tapis roulant?»
«Certo. Lo dice anche il Farolfi!»
«Bisogna avvisare l’amministratore, allora.»
«Già fatto. Non può farci nulla. Lei ha l’appartamento di proprietà e… Una lunga storia. Ah, ma stanotte mi sente. Non gliene risparmio. Mi sono stancato di questa situazione.»
Fausto alzò le spalle. Se ci pensava il Righetti, tanto meglio. Gli avrebbe risparmiato la fatica. L’uomo salì le scale con convinzione. Fausto rimase lì, curioso di vedere cosa sarebbe accaduto. Udì Righetti bussare e attendere con profondi respiri. Poi la porta si aprì. Silenzio. Quindi un timido “posso?” di chi fa un passo avanti. La porta si richiuse. Silenzio.
Fausto attese, ma non udì nulla. Né vociare, né movimenti, né… Bah, molto strano. Si stufò dopo dieci minuti e tornò dentro al suo appartamento. Cercò di approfittare di quella tregua per provare ad addormentarsi, ma appena si avvicinò al letto udì riprendere quel tutum, tutum, tutum.
Righetti, parli parli ma non concludi niente, pensò. Cullato da quel rumore, complice lo sfinimento, Fausto crollò in un sonno profondo.
 
Passarono alcuni giorni. Ogni notte lo stesso suono. Alla fine, di nuovo, qualcuno bussò.
Fausto si trovò davanti il signor Farolfi. Lui, al contrario del Righetti, si era tolto il pigiama e si era messo pantaloni e maglione.
«La sente anche lei?» chiese.
«La corridora? Ora che lei mi ha svegliato, sì.»
«Ma come fa a dormire? Si sente in tutto il palazzo!»
«Ci si fa l’abitudine. Ora non riesco più a dormire senza.»
«Gliel’ho detto al Righetti e alla Rosa. Ci vogliono le maniere pesanti. A proposito, sono giorni che non vedo Righetti. Sa che fine ha fatto?»
«No, ma perché non va a dirgliene quattro?»
«A chi?»
«Alla signora.»
«Ah, lo faccio di sicuro. Le faccio subito passare la voglia!»
Fausto sbadigliò e richiuse la porta. Si diresse a letto e una volta sotto il piumone, nel silenzio del condominio, poté sentire il Farolfi che bussava, la porta che si apriva e una imprecazione interrotta dal richiudersi di questa. Silenzio.
Tutum, tutum, tutum.
Fausto chiuse gli occhi e piano piano si addormentò.
 
Qualche giorno dopo, di notte, bussarono di nuovo.
«Salve Rosa!»
«Mi spiace! L’ho svegliata?»
«Sì.»
«Ma non sente che…»
«Di sopra!»
«Avrei chiamato Righetti e Farolfi, ma sono giorni che sono spariti e…»
«Di sopra!»
«Ma…»
«Vada di sopra e le dica di smetterla!»
«Va… Va bene. Ma…»
Fausto sbatté la porta e se ne tornò a letto.
Udì quella di sopra che si apriva e gli parve di sentire un urlo strozzato, la voce di Rosa. Sembrava chiedere aiuto, ma la porta si richiuse.
Fausto si accigliò. Attese. Iniziò a preoccuparsi.
Tutum, tutum, tutum.
Sospirò, sorrise. Ora poteva finalmente dormire.