
Inquietanti misteri in questo racconto di Andrea Partiti, quarto classificato nella 124° Edizione del Contest principale di Minuti Contati, con Elisa Emiliani come guest star.
Gli abitanti di Valbassa iniziarono ad avere incubi e a svegliarsi in luoghi inusuali.
Fernando il panaio si svegliò sopra al tetto del mulino.
I gemelli Dutto si svegliarono in una fossa. Beppo il becchino li ripescò e li lasciò sulla soglia di casa.
La signorina Vinadio si svegliò nel letto del giovane Mutti.
Adolfo Poretti trovò la prima bara mentre arava.
La lama si bloccò. Scese dal trattore e chiese aiuto alle Casaccia.
Dalla Casaccia vennero i figli del Poretti. Scavarono fino a scoprire la bara.
La attaccarono al trattore e la smossero, nera e bordata d’argento. Il vecchio Poretti disse al figlio minore: «Chiama il prete e il commissario, è roba loro.»
Don Almanai arrivò in bicicletta lungo l’argine, col saturno sul manubrio.
«È piena?» chiese.
«È piena sì» rispose il vecchio Poretti. «Quasi non ce la faceva il Lamborghini a tirarla su».
«Portiamola in chiesa. Non è cosa da aprirsi qua nel campo».
Caricarono la bara su un barroccio e il figlio maggiore del Poretti lo trainò col trattore fino al sagrato.
Don Almanai aveva già montato il tavolaccio dei morti in sacrestia.
«La apriamo?» chiese il commissario Biffi.
«Io rispondo dei morti della chiesa» disse don Almanai, «quelli selvatici sono cosa sua».
Il commissario e il prete fecero leva, i chiodi vennero via e il coperchio cadde a terra.
Carne rossa fino all’orlo. Tiepida, senza struttura, muscoli né forma. Tremava in modo sottile.
Solo quando l’ultimo chiodo fu tornato al suo posto Don Almanai e il commissario Biffi tornarono a respirare.
Beppo il becchino scavò una fossa fuori dal cimitero di Valbassa. Senza clamore, don Almanai vi fece calare la bara, lasciandola scoperta.
Tutti la evitavano, lasciando i morti al camposanto e l’ignoto nella sua buca.
Gli incubi peggiorarono.
Per le strade si vedevano occhiaie di chi rimandava il sonno.
Marino Ambrassa, il meccanico, quasi annegò svegliandosi nella fontana. Si riprese, ma nessuno si sentì più al sicuro.
La seconda bara comparve nel pozzo nuovo. La maestra Elda era andata a prendere l’acqua, ma il secchio non scendeva.
Calarono Duccio lo spazzacamino che legò delle corde alle maniglie.
Don Almanai non la fece portare in chiesa. La mandò ad affiancarsi alla prima nella fossa.
Sbucarono nuove bare, tutte nere e bordate d’argento. Sotto al ciglio della strada. Nel solaio di una casa cantoniera. Sul fondo del fiume. Nella roccia della cava.
Erano calde, ora.
La buca si riempiva rapidamente. Beppo continuava a scavare.
Ogni volta che un abitante di Valbassa chiudeva gli occhi, sentiva il calore delle bare allungarsi verso di lui, chiamarlo verso un mondo di carne e buio. Una parte di lui restava in quel mondo.
Si svegliarono un mattino attorno alla buca. Si guardarono. Don Almanai, Duccio lo spazzacamino, Beppo il becchino, il vecchio Poretti, il commissario Biffi, Fernando il panaio, Ambrassa il meccanico. Dozzine. Indossavano pigiami, camicie stazzonate, ciabatte e occhiaie.
Cercavano i pezzi strappati dalla loro anima.
Le bare erano aperte a mostrare il loro osceno contenuto che eccitato si contorceva e debordava, aggrappandosi alle maniglie di ferro bruciato. La carne si separava muovendosi di lato.
Ognuno vide il suo spazio, la carne che lo aspettava, la bara a cui era destinato.
Ognuno sapeva di doversi riunire a ciò che gli incubi avevano strappato.
Scesero le pareti ripide e tornarono a dormire.