
La terra trema a ogni passo dei giganti di metallo.
Ho l’affanno e le gambe pesanti, ma non possiamo smettere di correre. Non ancora. Stringo più forte la manina di Mumu, piangere di nuovo.
«Yumi, voglio la mamma».
Anche io, ma sono la più grande e devo essere forte. Devo prendermi cura di lui, gliel’ho promesso.
«Manca poco: Alrai1 è già tramontata, a breve lo sarà anche Alrai2 e i giganti dormiranno. Dobbiamo continuare a correre» mi volto per sorridergli, ma le sue antenne verdi sono così giù da sfiorargli il collo.
«Voglio la mamma» si libera dalla mia presa e serra le mani in due pugnetti. Drizzo le antenne per capire dove sono gli inseguitori: c’è silenzio.
«Prendi il ritratto della mamma, ti aiuterà a sentirla vicino» propongo. Inizia a frugare nelle tasche della tunica. Le dita sbucano oltre un foro.
«L’ho perso!» urla. I passi pesanti fanno tremare di nuovo la terra.
«È colpa tua!» sentenzia. «Corri troppo veloce». Mumu è un fiume in piena, e i passi sempre più vicini.
Gli tiro uno schiaffo. Si zittisce allibito e mi fissa con occhi spalancati.
«Ascoltami, Mumu. Devi essere tu a prenderti cura di ciò a cui tieni. Da oggi noi non siamo più piccoli, siamo due combattenti».
«Scusa» sussurra. Gli sorrido e lo stringo a me.
«Ti voglio bene, fratellino».
Le nostre antenne schizzano su. I passi sono qui. Ci prendiamo per mano e corriamo. Una luce ambrata illumina la fine del sentiero boscoso. Acceleriamo come se quella luce ci potesse assorbire, portarci altrove. Salvarci.
Invece ci condanna: davanti a noi un dirupo.
Il gigante di metallo ci raggiunge. La sua forma ovale proietta un’ombra che ci inghiotte. L’essere umano visibile dalla pancia trasparente del gigante ci saluta.
La mamma ci diceva che erano pacifici. Invece finché hanno l’occhio rosso brillante sono assassini. Lo sono sempre quando c’è luce.
Devo proteggerci, ma il mio corpo è pietrificato. Il gigante di metallo allunga verso di noi una protuberanza sputa-colpi, la stessa con cui ha ucciso la mamma.
Mumu mi si para davanti.
“Cosa fai?”
Le parole sono ferme in gola, un macigno che a stento mi fa respirare.
Lui mi guarda deciso.
«Devo prendermi cura di ciò a cui tengo».
Mi spinge verso il dirupo.
Afferro l’estremità rocciosa prima di cadere. I suoni sordi dello sputa-colpi rompono il silenzio. Il corpicino di Mumu cade nel vuoto con la mano che avevo stretto fino a pochi istanti prima spalancata verso me. Alrai2 tramonta con lui.
Mi tiro su con le mani che non smettano di tremare.
Fisso l’assassino. Ha l’occhio chiuso. Non può farmi male fino all’alba.
Prendo un sasso. L’essere umano dice cose che non capisco mentre mi avvicino.
Picchio col sasso contro la pancia per uccidere il gigante di metallo. L’umano continua a sbraitare mentre i colpi generano crepe, sembra spaventato.
La pancia si rompe. Chiudo gli occhi pronta a morire per mano dell’alieno. L’umano porta le mani alla sua gola, come se non riuscisse a respirare. Gli sorrido.
«Allora non siamo indifesi. Dobbiamo aspettare che tramonti l’ultimo sole».