
Una casetta in un antico borgo in pietra.
La luce arancione si diffonde soffusa dalle finestre al piano terra, rumore di stoviglie e di acqua che scorre. Un’aggraziata silhouette femminile appare e scompare alla vista, indaffarata.
Sulla porta all’esterno una figura alta e massiccia, intagliata nell’ombra della luce riflessa, esita.
Veste abiti umili. In mano, un mazzo di fiori.
L’aria profuma di umidità, il vento spira forte e qualche petalo vola via e si perde nella notte.
Tra non molto pioverà.
La figura finalmente si decide e alza la mano per bussare alla porta.
«Josef.»
La voce proviene dalle sue spalle. Josef si gira.
Un uomo anziano si stringe in un cappotto.
«Cosa stai facendo? Sono giorni che ti cerco.»
Josef ha lo sguardo smarrito «Io… Sono dei fiori!»
«Davvero stai portando dei fiori alla ragazza più bella della città?»
Josef fa un passo indietro. «Mi sono innamorato!»
«Josef…»
«Io mi sono innamorato…» Sussurra ancora, abbassando gli occhi.
«Che vorresti fare, sposarla?»
«Potrei essere un buon marito. Meglio di tanti altri. Meglio di tanti.»
«Josef…» l’anziano si avvicina e lo prende delicatamente per mano «tu non sei un uomo, sei un Golem.»
«Lo so Rabbi. Io… Io me lo ero dimenticato.»
Una lacrima si affaccia sul volto del Rabbi.
«הוה קא משתעי בהדיה ולא הוה קא מהדר ליה אמר ליה מן חבריא את הדר לעפריך»
Il Golem perde le sembianze umane, si sgretola, si spacca e si riversa a terra in polvere di argilla.
L’anziano con fatica si piega e raccoglie delicatamente i vestiti di Josef. Poi prende il mazzo di fiori e lo appoggia contro la porta.
Un tuono, un altro.
Il Rabbi si guarda un attimo indietro prima di sparire nella notte.
Poi la pioggia.
Qualche goccia sfiora i petali dei fiori e ne rimane intrappolata.
Scrosci d’acqua rimbalzano con forza contro il selciato, rivoli scivolano tra le pietre e uno a uno si portano via tutti i granelli d’argilla.
Tutti i granelli di qualcosa che non era abbastanza per poter amare una donna.