
Il tergicristallo sembrava un braccio che si muoveva tra la platea di un concerto, mentre la musica di Massimo Ranieri riempiva l’abitacolo.
E adesso andate via. Voglio restare solo. Con la malinconia volare nel suo cielo.
«Spero che domani non sia così» borbottò Leo, sporgendosi sul volante e assottigliando gli occhi.
Non chiesi mai chi eri, perché scegliesti me. Me che fino a ieri, credevo fossi un re.
«Riccione è bella anche con la pioggia. Ci faremo qualche giorno di shopping in viale Ceccarini» rispose Rebecca, sua moglie.
Perdere l’amore, quando si fa sera…
Leo guardò dallo specchietto retrovisore e incrociò lo sguardo di Zach, il loro border collie.
«Sei sicura di volerlo fare?»
Rebecca si lasciò sfuggire una breve risata.
«Scherzi? Ho trovato dei jeans con l’ottanta percento di sconto, l’anno scorso!»
«Non intendevo questo.»
Rebecca abbassò il volume e guardò il marito.
«Non ci starai ripensando, vero? Nella nuova casa non abbiamo il giardino. Non posso stare a pulire tutto il giorno i suoi peli ovunque!»
Leo sospirò e incrociò di nuovo lo sguardo del cane.
«Almeno, con la pioggia, non ci farà caso nessuno» disse, per poi accostare nella piazzola.
Non doveva pensarci. Se lo immaginava lì, tutto bagnato e impaurito. Leo strinse il volante. Il disco di Ranieri, l’unico in auto, aveva già completato il giro, tornando alla stessa canzone.
Rischi di impazzire. Può scoppiarti il cuore…
«Taci!» urlò, spegnendo del tutto l’autoradio.
«Che ti prende? Non ti piace?» domandò Rebecca, per poi avvertire l’inchiodata e appoggiarsi al cruscotto.
«Sei pazzo? A momenti picchio il muso!»
«L’hai visto anche tu?» chiese il marito indicando il cielo. La donna si sporse ma non vide nulla se non la colonna di auto davanti a loro. Avevano tutti le quattro frecce.
«Era… qualcosa di grosso! L’ho visto… atterrare là!»
«Atterrare?»
Con la pioggia non si vedeva nulla. Soltanto le sagome sfocate delle macchine e le luci rosse intermittenti.
«C’è qualcuno. Sta venendo verso di noi» disse Rebecca.
Erano tre individui che camminavano lungo il bordo stradale. Due erano piuttosto alti e magri, mentre uno era più piccolo. Sembravano indossare delle tute grigie e a ogni macchina si fermavano, guardando dentro.
«Chiedigli se sanno qualcosa. Magari c’è una deviazione» disse la donna.
Quando il trio fu accanto alla sua auto, Leo abbassò il finestrino.
«Mi scusi. Sapreste dirci cosa…»
Non finì la frase, rimanendo con la bocca aperta.
Quegli individui avevano delle fattezze a dir poco mostruose. Non indossavano delle tute grigie: era la loro pelle ad esserlo. Avevano delle dita lunghissime e degli occhi enormi. Non avevano la bocca e sul cranio pelato c’erano tantissimi fori, come narici. Dove normalmente ci sarebbe stato un naso, c’erano tre tentacoli rossi.
Il più piccolo li indicò e gli altri due annuirono. Uno di quelli alti guardò il cielo e un raggio luminoso circondò la macchina, sollevandola dall’asfalto.
Il tempo sembrò eterno. Fu impedito a entrambi di uscire dalla propria auto e poterono contemplare l’interno dell’astronave solo dal parabrezza. Il piccolo alieno li studiò dal vetro, sbattendo le palpebre dei suoi grossi occhi. Ogni tanto li stuzzicava, bussando e facendo rumore. Non sembrò, però, molto soddisfatto di loro. Rebecca urlava di continuo e l’alieno rispondeva con delle smorfie buffe. Leo non sapeva che pensare e cominciò a pregare tutti i santi che conosceva.
Poi, come tutto era iniziato, un fascio di luce avvolse l’auto e sentirono le viscere vibrare per la mancanza di gravità. Quando il fascio sparì, attorno a loro c’era solo sabbia e deserto.
Leo alzò lo sguardo e vide che in lontananza c’erano ben tre lune. La navicella aliena stava attraversando l’atmosfera. Un piccolo puntino, che diventava sempre più invisibile.
«Ci hanno lasciati qui?» chiese Rebecca stupita.
Leo, con gli occhi sgranati, annuì.
Il cd ripartì all’improvviso.
E adesso che rimane di tutto il tempo insieme? Un uomo troppo solo che ancora ti vuol bene.