
Finalista nella Scilla Bonfiglioli Edition, 147° All Time, un racconto di Giacomo Puca.
Sara, mia sorella, è stesa a terra. Rotola tra muro e letto. Avanti e indietro come uno yo-yo. La moquette all’altezza del suo naso è impregnata di sangue scuro.
Anche quella ad altezza inguine.
Papà sul letto ha il colore dell’intonaco. Una sciarpetta annodata intorno alla testa, per tenere chiusa la bocca. Ogni volta che Sara batte contro i piedi del letto, i lobi delle orecchie di papà dondolano.
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Sara non è una brava ragazza, io e papà lo sapevamo. Due ore fa mi telefona, mi dice di portare qualcosa di forte. C’è da festeggiare mi dice. Non dice altro.
Quando entro in casa, chiama dalla stanza di papà. Vieni qui mi dice.
Papà, lo trovo morto sul letto. Pulito e rasato, con la sciarpetta intorno alla testa. Sara seduta al suo fianco. «Non volevo fartelo vedere sporco.» Sorride. «Hai portato da bere?»
Mi sono seduto dall’altro lato del letto. «Che si fa in questi casi?»
«Boh. Nei film la gente racconta le belle storie.»
«Forse dobbiamo chiamare qualcuno.»
«Fatto. Vengono domani mattina.»
«Non subito?»
«Era vecchio»
«Non così vecchio.»
«Comincio io.» Sara si alza la manica destra del maglione. Piega il gomito per farmi vedere la cicatrice sull’ avambraccio. «Fibbia di metallo. Avevo rotto la sua canna da pesca.»
Sara solleva il maglione. Sulla vita sottile c’è una cicatrice a forma di C.
«Attizzatoio. Uscita di nascosto per la cena di classe.»
Poggio la mano su quella di papà. «Ti voleva bene.»
Sara abbassa anche l’altra manica. Il braccio sinistro è scandito da sottili linee di pelle più chiara. Cicatrici di lametta, precise da poter usare l’arto come righello.
Sara picchietta su una cicatrice infossata. Da lì manca un pezzo di carne grande come un wurstel. «Qui è dove l’osso è uscito. L’inverno scorso.»
«Quando hai perso la verginità.»
«Tutte le volte che faccio l’amore mi viene in mente, quel craack e i plof, plof, plof, del midollo che gocciola a terra.»
«Eri una bambina. Lo sei ancora.»
Sara mi mostra il medio, si tira giù le maniche.
Anche io racconto le mie storie, le uscite di pesca, e le giornate davanti al camino, e di quando mi ha fatto perdere la verginità con una prostituta.
Dopo tutto questo mia sorella si china su papà. Sfiora il suo viso. «Non sia mai che non accarezzi questo mostro per l’ultima volta.» Sara va al tavolino dove ho poggiato l’amaro. Riempie due bicchieri di carta fino all’orlo.
Si guarda intorno. «Qualcuno ne vuole? nessuno?»
«Sara…» mi avvicino.
«Dopo di te ho chiamato parecchia gente. E questo,» Sara fa un cenno verso le persone che non ci sono, «è quanto lo amava il mondo.»
«Non era così male.»
«Sicuro.»
«La mamma gli voleva bene. E io. E in fondo anch—»
«Ah! L’erede fedele.» Sara solleva il bicchiere in un brindisi. «Il maschio di famiglia non si tocca.» Sara beve, la faringe sale e scende finché il bicchiere non è vuoto. Sara lo poggia e mi passa quello pieno.
La respingo con la mano. «Sei stata cattiva, Sara.»
«Bah. Parli facile tu.» Sara tossisce. Beve un sorso dal bicchiere destinato a me e si pulisce le labbra col maglione. «A te non t’ha mai toccat—»
Sara tossisce di nuovo, sputa un’ostrica di muco venata di rosso. «Che cazzo…»
«Hai messo qualcosa nello sciroppo che gli davo io. L’hai ucciso.»
Sara barcolla all’indietro. «No!»
«Volevi che mi dessero la colpa?»
Sara cade a sedere sul letto di papà. I lobi del vecchio ciondolano.
«Se non è così stai tranquilla. Nell’amaro ho aggiunto solo lo sciroppo.»
Sara sgrana gli occhi. Un rigurgito la scuote come se la sua spina dorsale fosse usata come una frusta. Sara si tappa la bocca, vomito nero erutta dagli spazi tra le dita.
Guardando la sgualdrina traditrice e assassina le dico, «Ci hai deluso.»
Sara si accascia, rotola tra letto e muro. Si mette a fare lo yo-yo umano.
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La notte fuori dalla finestra è fredda come papà. Nera come il vomito di Sara.
Mi chino su di lei. Le bacio la fronte. «Ti perdono. Anche papà ti perdona.»
Sara ha un tremito, apre gli occhi. «Tu…» solleva il braccio-righello, «e lui…» avvicina la mano al mio viso, «siete uguali.»
«Grazie.»
Sara mi accarezza, la mano calda mi scivola sulla guancia. «Mostri.»
Il braccio crolla a terra, e i suoi occhi si chiudono.