Lo specchio

«Buongiorno Rossotti!» disse Bruno, l’edicolante, sorridendogli come faceva ogni volta che lo vedeva scendere dalla sua Citroen Saxo. Il suo viso paffuto lo metteva di buonumore.
Patrick salì le scale e trovò sul pianerottolo diversi scatoloni ammucchiati. La porta di fronte a quella del suo appartamento, inoltre, era aperta.
Entrò in casa propria. Sua moglie era in cucina e c’era profumo di ragù.
«Ciao Simo, sono a casa.»
«Ehi, ciao! Hai incrociato i nuovi vicini?»
«No, non ne ho avuto modo. Come sono?»
Si scambiarono un bacio e Simona gli scompigliò i capelli neri.
«Carini. Ho provato a sbirciare dentro. Secondo me, l’appartamento è più grande del nostro.»
«No, ti sbagli. Sono speculari, su tutti i piani.»
Patrick si chinò ad accarezzare il loro gatto: Serse, un persiano grigio fumo.
«Sarà» rispose Simona scettica. «Ma non sai la cosa più strabiliante.»
«Cosa?»
«Che lui si chiama Patrick, proprio come te. E lei, indovina un po’?»
«Simona?»
«Sì! Non è incredibile?»
«Mi ha proprio cambiato la giornata. Ascolta, mentre apparecchi porto giù la spazzatura, ok?»
Si diedero un altro bacio e Patrick uscì dalla porta con il sacco nero. Mentre si accingeva a scendere la prima rampa di scale, però, sentì un miagolio.
Voltandosi, vide Serse entrare nell’appartamento dei vicini.
Come aveva fatto a sfuggirgli?
«Serse! Vieni qui!»
Il gatto, però, non volle saperne di uscire. Patrick provò a bussare leggermente.
«C’è nessuno in casa? Scusate ma è entrato il mio gatto. Posso? Lo porto via subito.»
Nessuna risposta. Forse erano di sotto a prendere altri scatoloni. Se gli andava bene, poteva prendere Serse e riportarlo in casa senza che nessuno se ne accorgesse.
Patrick entrò nell’appartamento e, appena lo fece, ebbe una stranissima sensazione. Non solo l’appartamento era speculare al proprio, ma l’intero mobilio era identico. Guardò sul mobile all’ingresso e notò le chiavi di un auto. Riconobbe lo stemma della Citroen. Per un attimo temette di essersi confuso e di aver sbagliato porta. Si affacciò sul pianerottolo e quell’ipotesi fu presto smentita. Accigliatosi, rientrò e, udito il miagolio di Serse, ne ricercò l’origine vagando per l’appartamento a lui così familiare. Dalla cucina veniva del profumo di ragù. Una pentola stava bollendo. Trovò il gatto nel salotto, in una cuccia identica a quella che aveva lui, con tanto di targhetta con scritto: “Serse”.
Patrick impallidì. Sembrava un incubo. Sentì le voci di due persone all’ingresso. D’istinto aprì la porta balcone e si rifugiò sulle scale antincendio.
«Che diavolo sta succedendo?» chiese a sé stesso mentre le scendeva saltando i gradini due a due.
Quando arrivò in fondo, provò a rientrare dal portone, ma lo trovò chiuso a chiave.
«Buongiorno!» disse l’edicolante lì a fianco. Un tizio magro come un lampione e dallo sguardo giulivo.
Patrick non rispose, gli mancava l’aria. Si voltò e vide una Citroen Saxo e un viale identico a quello che era abituato a percorrere, con gli stessi negozi ma gli esercenti diversi.
«Tutto ok, signor Bianchini? Il trasloco è andato bene?» chiese di nuovo il giornalaio.
Patrick si guardò riflesso nel finestrino della Saxo. Vide un volto che non era il suo, biondo, dai tratti spigolosi. Si mise a urlare e corse via a perdifiato.
«Immagino di no» si rispose l’edicolante. Sghignazzò e voltò pagina al quotidiano.