
L’importanza del saper mantenere i segreti in questo racconto di Eleonora Rossetti, quarto classificato nella 117° Edizione con il collettivo Valery Esperian come guest star.
Daniele alza il volto dalle ginocchia. È rattrappito al suolo e prega di udire ancora i tonfi e le urla al di là della parete. Il rumore è vita. È Virna.
Mantengo il segreto, è il sussurro che ode, e piange.
Stava appendendo un quadro in salotto, quando la parete scivolò di lato. Cacciò un urlo e per poco non se la fece addosso. Aiutandosi con la torcia dello smartphone, rimase di stucco.
Una camera spoglia di quattro metri per quattro, muri spessi, niente lampade né finestre.
Prova ad alzarsi, invano.
Le articolazioni scricchiolano, osa solo andare carponi. Raggiunge il muro e spera di tastare il vuoto, ma tocca solo l’intonaco.
Come fa a essere viva, dopo quattro giorni? Come fa LUI a esserlo?
Il fascino di quel bunker misterioso gli instillò il dilemma su come sfruttarlo. Una sorta di cassaforte? No, non aveva risparmi considerevoli, né oggetti di valore. La sua vita non aveva segreti. Non materiali, almeno.
A parte quella camera, ovvio.
«Virna…»
Pronunciare il suo nome è una violenza.
Mantengo il segreto, bisbiglia ancora la stanza, e lui esplode di follia.
Cominciò quasi per scherzo.
Al principio si barricava là dentro per non farsi udire dai vicini molesti mentre li insultava, ma bastò poco perché ogni ingiustizia della sua vita finisse in quel confessionale. Scaricò tra quelle pareti tutto il livore e l’odio che non riusciva a esprimere, tutti i pensieri che mai avrebbe pronunciato o rinfacciato ad altri, ricevendo in cambio un contorto e isterico sollievo.
Ben presto fu la stanza a cercarlo.
Daniele cominciò a convincersene quando si accorse che si spalancava da sola proprio quando lui aveva un bisogno spasmodico di sfogarsi, e lo attirava a sé in quel buio che sapeva di calore materno.
Un giorno iniziò a sentirla a sua volta.
Mantengo il segreto, sussurrava la stanza.
«Virna!»
La parete si schiude tremando, come per la collera. Apre il sipario su un buio anomalo che fa risaltare ogni dettaglio. Compreso il corpo riverso sul pavimento.
Commise l’errore quella sera, quando incrociò Virna passando davanti al bar dove lavorava. Smaniava per portarsela a letto da mesi e lei aveva sempre dato chiari segnali di un’intesa.
«Ti va una pizza d’asporto da me?» le chiese, e quel «sì» fu la sua condanna.
Non gli riesce altro che strisciare, sputando muco assieme alle lacrime. L’isteria ha il sopravvento quando tasta le braccia di Virna, più fredde del pavimento.
Si ubriacarono in fretta. Daniele pensò di sfruttare la camera segreta per uno stupido gioco di prestigio e non capì subito perché la porta nascosta si fosse attivata senza alcun comando. Virna stette allo scherzo ed entrò, barcollante per la sbronza.
Daniele rise senza motivo nel vedere la parete sigillarsi all’improvviso. Quando però tornò la lucidità e, con essa, l’orrore, a nulla valsero i pugni e le suppliche. Rimasero solo le grida di Virna, sempre più soffocate, mentre lui annegava nella colpa.
«Per…ché…?» balbetta.
Mantengo il segreto, risponde la stanza. Non ero più il tuo.
Daniele guarda il corpo senza vita di Virna. Come può sopportare una simile moneta di scambio?
Il buio sussurra, più caldo e invitante, mentre invece la porta vibra, pronta a chiudersi.
Mantengo il segreto.
E tu?