Meglio così

Sono sdraiato supino, gli occhi fissi sul soffitto. Nel silenzio della stanza il respiro pesante di Marta che dorme profondamente.
Giro la testa verso la sveglia digitale: mezzanotte e quaranta.
Manca poco e lui rientrerà.
Lui ha una trentina d’anni, fa il portiere in un albergo a Porta San Paolo e tutti i Martedì stacca a mezzanotte. Calcolando che il 571 ci mette una ventina di minuti per arrivare qui, ma che è sempre in ritardo, dovrebbe rientrare a casa poco prima dell’una.
Pazienza, adesso arriva.
Tamburello con le dita sulla pancia.
All’improvviso il rumore della porta che sbatte. Suono ovattato di passi nel corridoio.
Sorrido e mi preparo.
L’appartamento di sopra è speculare a questo. Come se avessi una mappa seguo i passi che si allontanano verso la cucina. Sento il frigo che si apre. È caldo e probabilmente berrà un bicchiere d’acqua.
I rumori si spostano in bagno.
Conto fino a dieci, poi lo scarico dello sciacquone.
Ancora una porta.
Un cigolio.
Si è steso sul letto finalmente.
Silenzio.
Un silenzio lungo, interminabile questa volta. Non è mai stato così lungo, almeno non che io ricordi.
Quanti minuti saranno passati? Sposto ancora lo sguardo verso la sveglia con i numeri gialli che lampeggiano, peccato non poter vedere i secondi.
Che si sia addormentato? Sarebbe la prima volta ma può anche succedere. Magari non si sente bene, o forse è lei che sta male e non vuole svegliarla, però siamo d’estate, è difficile ammalarsi in questa stagione.
Calma.
Lei studia all’università. È più piccola di lui, si vede, forse non ha ancora venticinque anni, però ora che ci penso non ho ancora scoperto cosa studia.
Domani potrei domandarglielo, anzi lo avrei già dovuto fare cazzo. Si sono trasferiti da poco e non le ho ancora chiesto cosa studia, avrei dovuto farlo subito, ora passo da curioso. Allora è deciso, domani glielo domando ma senza metterla in imbarazzo, solo una domanda innocua, senza fissarla, senza farle capire quello che so già.
Ancora silenzio.
Perdo le speranze, i muscoli si rilassano vinti dalla delusione.
Che sia successo qualcosa tra loro? Impossibile, sono affiatati.
Poi una risatina. Si è svegliata.
Sorrido di nuovo.
Le risate sono due e si mescolano in un brusio indistinto.
Deglutisco e mi accorgo di avere la lingua secca.
La spalliera sbatte contro il muro. Un gemito, un altro. Il cigolio del materasso che li accompagna.
Chiudo gli occhi.
Cerco di immaginare lei. Probabilmente ha il viso rivolto verso la parete e lui la prende da dietro.
La prima volta che li ho visti ho subito immaginato che lei potesse godere in quel modo, non so perché ma non ho avuto dubbi.
No, non posso chiederle che cosa studia e poi farle intuire che conosco il suo orgasmo, devo centellinare le parole.
Ancora un colpo forte e un grido soffocato. Questo è la prima volta che lo sento.
Lui le avrà messo una mano davanti alla bocca e lei ora gli sta mordendo le dita. Deve essere così.
Domani allora sto zitto, come se nulla fosse, buongiorno e buonasera.
Come sempre.
Un gemito più lungo adesso.
Un urlo, il mio.
«Paolo ma che succede, ti senti male?»
Le parole di Marta mi tagliano i pensieri come una lama gelida. La luce inonda la camera e me stesso, la canottiera alzata sul ventre, i boxer abbassati, lo sperma caldo tra le dita.
Giro gli occhi verso mia moglie e sorrido.
Penso che in fondo sia meglio così.