
Ogni paese ha la sua strega, o stregone. Finalista nella 114° Edizione di Minuti Contati con Andrea Cavaletto come guest star, un racconto di Viviana Tenga.
Il cuore di Nilde prese a battere più forte man mano che si avvicinava alla villa. Per anni aveva aspettato questo momento. Ora che la vecchia era morta senza eredi, lei si sarebbe impossessata di tutto il suo potere, degli amuleti e dei libri di magia, dell’intero tesoro magico accumulato da generazioni di streghe.
Era notte fonda, il cielo era coperto e tirava un vento freddo. Nilde si strinse nella giacca e affrettò il passo.
Nella casa abitava ancora Eugenio Litti, marito della strega, ma con un po’ di fortuna sarebbe stato a dormire e non si sarebbe accorto di nulla. O, in ogni caso, sarebbe stato l’ultimo dei suoi problemi.
Superò la buca della posta situata lungo il vialetto, dove per decenni la gente aveva lasciato, più o meno di nascosto, lettere con richieste di sortilegi che quasi sempre venivano concessi. Arrivò al cancello, ma il solo sfiorarlo le procurò una fitta di dolore che risalì lungo tutto il braccio. Imprecò. Si era aspettata di trovare magie difensive, ma non così esterne. Per fortuna, era preparata.
Iniziò a cantilenare un incantesimo, lottando contro la volontà del cancello, finché questo non cedette e la lasciò entrare. Mentre attraversava il giardino, più di una pianta cercò di aggredirla, ma lei evocò fiamme azzurre che dal cielo scesero a incenerirle.
Nilde rimase comunque colpita dai poteri della vecchia strega. Creare simili magie che sopravvivessero alla morte di chi le aveva generate non era facile, anzi, molti avrebbero detto non fosse possibile. Gli amuleti custoditi nella villa dovevano essere davvero potenti.
Convincere la porta in legno massiccio ad aprirsi fu più difficile. Dopo un quarto d’ora, Nilde rinunciò a usare incantesimi di persuasione ed evocò altre fiamme. La porta oppose resistenza persino al fuoco, ma alla fine Nilde riuscì a creare un buco abbastanza grande da poterci passare attraverso.
Provò un po’ di nervosismo all’idea che qualcuno dalle case vicine potesse averla notata, ma si sforzò di andare avanti.
In fondo, lei non aveva nessuna intenzione di essere una strega come la vecchia, di vivere nascosta e lanciare incantesimi su richiesta di gente che in pubblico la evitava come la peste. No, Nilde sarebbe stata diversa. Lei avrebbe costretto tutti a temerla e rispettarla.
Una sedia le saltò addosso non appena entrò nel soggiorno, cercando di colpirla alla testa con le sue gambe. D’istinto, Nilde parò il colpo con un braccio, certa che l’indomani si sarebbe ritrovata un bel livido, poi evocò altre fiamme, più numerose e potenti di prima, che presero a danzarle intorno minacciose.
Diversi mobili che già si erano fatti avanti, dal sofà in pelle alla credenza, indietreggiarono lentamente fino alle loro originarie posizioni contro le pareti.
Nilde rise e si diresse verso le scale. Nessuno poteva fermarla! Percepiva il potere del tesoro della strega pulsare dal piano di sopra. Presto tutto quello sarebbe stato suo…
Una scarica di energia le fece perdere l’equilibrio. Solo per un pelo riuscì ad afferrare il corrimano, limitando la caduta a un paio di gradini anziché ruzzolare giù per l’intera scala.
Alzò gli occhi, esterrefatta: a colpirla era stato un umano, non un incantesimo legato alla casa.
«Non male, ragazzina» disse Eugenio Litti, in piedi in cima alle scale. «Ma, giusto perché tu lo sappia: Adele ha ereditato il ruolo di strega del paese da sua madre, ma non è mai stata interessata a esercitarlo. Se l’ho sposata, è proprio perché sapevo che mi avrebbe insegnato le arti magiche e lasciato che fossi io a occuparmi di incantesimi al suo posto. Per cui, tu hai talento, ma la strega in carica è ancora viva. Ripassa tra qualche anno.»