Mosaico

Differenti punti di vista in questo racconto di Massimo Tivoli, finalista nella 125° Edizione del contest principale di Minuti Contati con Raffaele Marra come guest star, scritto sul tema “Nulla è come sembra”.

 
Il cuore gli pulsa in gola. Per Mino è la prima conferenza stampa dopo anni passati nell’anonimato, a creare i suoi mosaici.
«E a chi si sarebbe ispirato?» gli chiede il giornalista di turno. L’uomo si è alzato dalla sedia in prima fila, in mezzo a tutti gli altri, e si è portato davanti a lui.
«È evidente» risponde Mino, «al grande van Minnen.» Lui sta seduto al desk principale, quello puntato da tutte le telecamere. Alla sua destra, dietro a un’altra scrivania, sta un uomo anziano con i capelli brizzolati e la fronte ampia, impreziosita da un’armonia di rughe di espressione. Deve essere un critico d’arte perché mette bocca su tutto, una sorta di moderatore.
«E questo…» Il giornalista esita, esibendo un sorriso appena accennato. «Diciamo amore per il pittore americano quando le sarebbe scattato?»
Un brusio si solleva nella sala. Evidentemente, anche il pubblico di Mino non ha gradito quel tono ironico.
Il moderatore richiama tutti al silenzio, minacciando di interrompere la conferenza stampa.
Mino vuole dimostrarsi superiore, finge di non badarci. «Se mi è consentito, vorrei fare una premessa: la mia formazione in età adolescenziale la devo al maestro Arcimboldo. Ho sempre ritenuto che i classici siano cruciali. Ma l’illuminazione l’ho avuta tre anni fa quando, ormai ventenne, ho scoperto i quadri del noto surrealista navigando sul Web.»
«E quale ruolo avrebbero avuto i suoi genitori in tutto questo?» Adesso il tono del giornalista è aggressivo.
Mino non capisce dove voglia andare a parare. Sente un solletico caldo scivolargli lungo la tempia, unito a una rabbia che inizia a farlo tremare. Ma, no, non perderà la calma di fronte al suo pubblico. Quando si è famosi, la reputazione è tutto, pensa.
«Guardi, la storia delle influenze familiari è una colossale sciocchezza: in famiglia non è mai esistito un artista, eppure io lo sono sempre stato. I miei, che possano riposare in pace, continuavano a dirmi che sbagliavo, non vedevano quello che vedevo io. L’artista ha una percezione che gli altri non hanno.»
«E riguardo al suo ultimo capolavoro?» Di nuovo quel tono di scherno unito al disprezzo.
Mino questa volta non resiste, sbotta: «Mi stia bene a sentire. Io sono il più grande. Si può leggere delle mie opere su tutti i giornali» ringhia. «La mia ultima creazione ha ammutolito tutti gli esperti. Una figura composta da una moltitudine di tasselli, ognuno di natura e provenienza diversa. Non c’è mai stato un mosaico di questo tipo.»
Un’ovazione esplode nella sala. L’intervista viene interrotta dal moderatore ma a Mino non interessa: il suo pubblico lo ama, senza ombra di dubbio. Torna a sedersi vicino a Luca, il suo manager.
«Bravo, Mino» gli dice questi. «Hai seguito le mie indicazioni alla lettera. Vedrai, alla fine non sarai imputabile.»
Ancora con questa storia.
Mino osserva la falange terminale dell’indice di Luca e ripensa a quanti tasselli, tra parti molli, ossa, cartilagini, ci vogliono per comporre un corpo umano. Ripensa a tutta la fatica e agli anni spesi sulla sua ultima creazione.
Io sono un artista, non un pazzo come vorrebbe lui.