
La candela di polvere di X’eill tinge la stanza di un blu narcotizzante. La appoggio sul tavolo, e il candeliere tintinna un istante contro la superficie. Sto tremando.
Devo stare calmo.
Sono decenni che aspetto questo momento.
Per la millesima volta controllo la mia creazione. I contrappesi hanno il giusto equilibrio, leve e cardini sono tutti al loro posto.
I due grandi specchi ovali sono perfettamente allineati.
Due specchi gemelli, per uccidere infinite volte l’immagine di te stesso e divenire invisibili alle presenze oscure. Uno dei Riti che l’arabo pazzo Abd al-Hazred narra nel Necronomicon per proteggersi dai rischi dei viaggi nell’Oltremondo.
Sfoglio il libro maledetto ancora una volta.
Due pagine identiche ne descrivono i dettagli. Un essere dalla forma assurda racchiuso dentro uno specchio si riflette sulla pagina accanto, che a sua volta rimanda l’immagine all’altra e così via.
Mi sfugge un sorriso ripensando alla prima volta che vidi quell’illustrazione. Da sciocco ignorante quale ero, mi arrovellai per giorni, interrogandomi su come avesse fatto l’autore a riportare il susseguirsi delle immagini, sempre più piccole, in maniera così precisa. Io, misero arrogante, volevo cercare la logica razionale in un testo come quello.
Basta perdere tempo, è giunta l’ora.
Mi metto in mezzo ai due specchi e mi levo la casacca. Sposto i teli neri che li ricoprono e la luce della candela riverbera infinite volte tra le due lastre.
La colonna di rune che ho modellato simmetricamente sulle superfici dopo anni di pratica in ialurgia brilla della giusta tonalità di blu.
La mia figura si staglia per tutta l’altezza dello specchio che ho di fronte. Allineo il mio corpo ai simboli, prendo il coltello di ossidiana e lo arrovento sulla candela.
Ora devo stare fermo. Immobile, qualunque cosa accada.
Appoggio il coltello alla prima runa, e incido.
Il bruciore allo sterno arriva subito. Funziona! L’estasi mi pervade, sul riflesso della mia faccia esplode un’espressione di felicità rabbiosa.
Continuo a incidere. La puzza della mia carne bruciata mi scava le narici, il sangue sfrigola contro la lama rovente e mi cola giù dal petto.
Passo alla seconda. Il dolore sta aumentando, ma non importa. La terza è poco sopra all’ombelico. Fa malissimo, ma non posso fermarmi. La lama non deve raffreddare. La quarta è la più complessa. Come appoggio la punta, ho uno spasmo. La testa mi scoppia, ho l’affanno.
Ma continuo a incidere. Lentamente, con precisione, il quarto glifo compare sul mio ventre.
Le rune brillano. Raggi di luce collegano i due specchi, passando attraverso il mio corpo.
È il momento. È andato tutto alla perfezione.
Punto la lama alla gola della mia immagine e taglio.
Uno spruzzo rosso investe lo specchio. Cado a terra, tossisco, soffoco. Il sangue mi cola tra le dita. Non è possibile. Dove ho sbagliato, dove?
Infiniti me agonizzano in una pozza di sangue.
Tranne uno.
Il mio doppio è ancora in piedi, e mi guarda trionfante.
Il rito ha funzionato.
Ma allora… io…