
La cicatrice mi lancia una coltellata sotto l’orecchio.
Rilasso la mandibola, appoggio le mani sul bancone e controllo il respiro.
«Cosa ci fa un ossi nel mio emporio?»
Il russo rimane fulminato sulla porta. «Mi avevano informato che qui a Berlino ovest l’accoglienza non era delle migliori. Ma non mi aspettavo certo questo.» Persino la sua voce è irritante.
Vaffanculo. «Taglia corto, russo. Cosa vuoi?»
«Siete voi Korrad Himmernau? Intendo scambiare merci con voi. Ho i regolari permessi.»
«Fammi vedere. E se sono falsi, ti denuncio.»
Il russo cammina fino al bancone. Pantaloni di tessuto buono, camicia scura, scarpe pulite, valigia di cuoio. Ma la faccia, non è diversa da quella di chi mi ha fatto saltare un pezzo di testa con una fucilata nel ’45.
Capelli un tempo biondicci, naso a patata, denti storti. Tutti uguali.
Mi porge i documenti. Yuri Gasparin. Anche i nomi, tutti uguali.
Butto i fogli sul bancone. «Cosa vuoi?»
«Zucchero. Tutto quello che potete procurarmi.» Estrae dalla valigia una bottiglia di quell’intruglio che bevono loro. «Posso scambiare con vodka di prima qualità.»
Rido di gusto, la mandibola mi accoltella. Sono quarantaquattro anni che quando rido mi fa male, ma a volte ne vale la pena. «Seriamente dovrei barattare la mia merce più preziosa, con questa schifezza?»
«Mister Himmernau, sono uno dei più rinomati produttori di distillati della Germania dell’est.»
«Voglio assaggiare questa roba. Poi deciderò.»
Vado al lavandino, prendo due bicchieri e li sciacquo. Zucchero in cambio di alcolici. In effetti, la vodka di qualità vale parecchio. Una cassa di zucchero per… venti bottiglie. Sarebbe un affare.
Torno al bancone.
Il russo stappa la bottiglia.
Versa due dita di distillato nei bicchieri, ne solleva uno. «Vashe!»
Fottiti.
Mi faccio coraggio, butto giù il bruciabudella.
Cazzo.
È buono.
Parecchio buono.
Il russo sorride, deve essersi accorto della mia espressione. «Allora, che ne dice?»
«Bhe… devo ammettere che non è male.»
«Sono disposto a pagare un litro di vodka per otto chili di zucchero.» Mi tende la mano.
Non così in fretta, ossi. «Tre chili al litro, non di più.»
Sarà una lunga trattativa.
Il cozzare dei picconi contro le colonnine della dogana riempie l’aria. Da giorni, gruppi di giovani demoliscono il muro in tutta Berlino.
Gasparin mi passa un bicchiere, mentre i facchini scaricano il mio camion dallo zucchero e lo caricano di casse di vodka.
Butto giù in un fiato. Devo ammetterlo, gli affari stanno andando bene. «E quindi, il federalismo è crollato…»
«Già. Ora posso esportare i miei distillati con più facilità.» Mi tende la mano. «Mi servirà parecchio zucchero, nei prossimi tempi.»
Mi volto verso i ragazzi che fanno a pezzi la dogana. Ridono e cantano, si passano bottiglie e sigarette. Una radio suona musica americana. Che poi, quel muro, a che cazzo è mai servito?
Stringo la mano a Gasparin. «Farò il possibile. Ma levami una curiosità… quanto ci mette un russo a crollare ubriaco?»
«Sicuramente più di un tedesco.»
Indico la bottiglia. «Vediamo.»