
Lea camminava lenta lungo la spiaggia, lasciando che la spuma le accarezzasse i piedi a ogni onda. Il sole scendeva verso l’orizzonte, accendendo le increspature della superficie dell’acqua e, nella luce, si indovinava la sagoma lontana di una barca a vela.
Inspirò l’aria salmastra. Amava sempre il mare, ma a quell’ora le sembrava di fondersi con il cielo, il vento, l’acqua salata.
Quella mattina ne aveva parlato anche con Giorgio, in ufficio.
“Non vedo l’ora di buttare un paio di costumi e un asciugamano in valigia” aveva sospirato.
“A volte mi sembra di essere me stessa solo al mare.”
“Dovrai aspettare ancora un bel po’ per essere te stessa, allora. Le ferie sono lontane. Sei sicura di non voler provare la montagna, quest’anno?”
La scrivania di Giorgio era piena di foto di vette e crinali. Condividevano l’ufficio da sei mesi, erano più che colleghi, quasi amici. Era bello chiacchierare, c’era tanto da raccontarsi e da ascoltare.
Lea rise.
“Neanche per sogno, mi stanco al solo pensiero.”
“Allora tieni questa, per sopportare l’attesa. Così potrai essere te stessa. E magari sognare di salpare.”
Giorgio aveva piegato un foglio di appunti fino a ottenere una piccola barca. Lea l’aveva presa e aveva disegnato un paio di stelline sulla vela.
“Possiamo considerarla la nostra barca, se vuoi.”
Giorgio aveva aperto la bocca, alla ricerca di una risposta altrettanto luminosa.
In quel momento era entrata Paola per chiedere chi potesse fare un salto in banca per un versamento.
I colori del tramonto stavano invadendo il cielo. Uno spettacolo da fotografare, ma Lea non si ricordava dove aveva messo il cellulare. Nella tasca del giaccone verde? Ora indossava il costume e il pareo.
Un bimbo aveva abbandonato nella sabbia una paletta e un camioncino: l’abitacolo rosso, il pianale grigio carico di lastre di ferro. Giaceva su un fianco, le ruote che ancora giravano a vuoto. Lea distolse lo sguardo.
Aveva messo cappello, sciarpa, guanti : faceva un bel freddo.
“Vuoi che vada io?” Aveva chiesto Giorgio.
“No, tu andrai a prendere il pranzo. Promesso?”
“Promesso.”
Il marciapiede era ghiacciato, i passanti camminavano lenti e cauti. Aveva raggiunto le strisce pedonali e aveva guardato a sinistra. Anche le auto arrivavano a bassa velocità, mantenendo la distanza di sicurezza. Solo un camioncino dall’abitacolo rosso, carico di lastre di metallo, giungeva spedito da destra.
Lea si fermò a guardare l’orizzonte azzurro. Come si chiamava quella località? La memoria la tradiva, i ricordi sfuggivano. Ci veniva da piccola, con mamma e papà. Ma d’estate, non in gennaio. Era gennaio?
La barca si faceva più vicina, ma non più nitida; proiettava una lunga ombra sulla spiaggia.
Lea vide le stelline disegnate a penna sulla vela e si preparò a saltare a bordo.