
Finalista nella Sara Bilotti Edition, 145° All Time, un racconto di Andrea Leonardi.
Un trapano. Di sabato mattina. Mi perfora i timpani. Le pareti, il soffitto, tutto trema come se fosse un terremoto.
Mi giro a pancia sotto e schiaccio il cuscino sulla testa. Il rumore non diminuisce di un decibel. Sbatto la mano sul comodino e tasto in cerca del telefono. Lo schermo segna le– ho dormito meno di cinque ore! Ma oggi mi sentono, oh sì che mi sentono.
Lancio in aria le lenzuola e mi getto fuori dal letto. Ogni mio passo rimbomba sul pavimento, sbatto la porta della mia stanza e polvere bianca cade dallo stipite. Arrivo in cucina ed esco sul balcone che dà sul giardino interno. Eccola lì, Eleonora, che innaffia i suoi preziosi fiori. Alberi in miniatura dai fiori rosa. Persino la sua salopette è decorata con fiori simili.
Il trapano si ferma. Cristo, che buco avrà fatto in tutto questo tempo? Due braccia sottili appaiono dietro Eleonora e la stringono. Erica, la tutto fare. Operaia, idraulica, muratore. O muratrice, sono sicuro che vorrebbe farsi chiamare così, poco importa come suona.
Prendo il porta tabacco rimasto sul tavolo del balcone. Cartine e filtrini sono dentro. Rollo la mia sigaretta della mattina, lecco il bordo della carta, alzo gli occhi e incrocio lo sguardo di Eleonora.
«Buongiorno Lorenzo.» Agita la mano in aria.
Anche Erica solleva lo sguardo. «Buongiorno.» Un sorriso a trentadue denti.
«Buongiorno a voi, signore.» Ricambio il sorriso e rientro in cucina. Mi serve un caffè. Decine di lattine di birra occupano il tavolo di legno. La moka dovrebbe essere qui in mezzo.
Il campanello. Lascio perdere la ricerca e mi trascino alla porta. Guardo dallo spioncino, la sagoma controluce è familiare; Marta. Apro la porta e torno in cucina.
«Stavo per fare il caffè.»
«Bella Lorè.»
Butto a terra una decina di lattine. Il rombo di latta vuota esplode e Marta si copre le orecchie con le mani.
«Aah.» È un lamento debole. «Fai piano, sto ancora sbronza da ieri.» Si siede.
«C’era questo post-it attaccato alla porta.» Dà due finti colpi di tosse. «Caro vicino, ti comunichiamo che sabato… bla bla… spese dei lavori… altre stronzate… provveduto alle riparazioni… Ma chi è che scrive così bene?»
«Bah,» lotto per stringere bene le due parti della caffettiera, «le due lesbiche di sotto.»
«Ehi!» Mi colpisce con il foglio. «Non fare l’omofobo.»
«Non è possibile continuare così, Marta.» Sbuffo e allargo le braccia. «Non sono omofobo, ma ogni fine settimana martellate, trapanate, mobili spostati, lavori di qualsiasi tipo. Il giardino e pieno di odori… strani.»
«Profumi di fiori forse?»
«Non voglio neanche immaginare gli insetti che girano, ma tanto devo tenere la finestra chiusa. Quelle pazze stanno rovinando il quartiere!»
«Esageri.»
«Non finisce qua.» Allungo un braccio verso il balcone. Marta esce, io dopo di lei. «Li vedi?»
«Cosa? Dove?»
«Lì.» Indico due cespugli in fondo al muretto, dall’altra parte del giardino. «Due ombre sotto i cespugli.»
«Ah, sì. Sembrano…» Stringe le palpebre e si sporge appena. «Un cane e un gatto?»
«Che dormono insieme! Perché non si inseguono? Perché il cane non ha già sbranato l’altro?»
«Perché sono amici.» Le esce una risata molla.
«Perché gli hanno fatto il lavaggio del cervello, te lo dico io. A tutti e due. ‘Sti vegani…» Prendo il porta tabacco e lo lancio a Marta. «Fattene una.» Do un ultimo sguardo a Ruffy e Sabo e scuoto la testa. «Povere bestie.» Entro in cucina.
Alcune note di pianoforte ci raggiungono. Urlo al soffitto.
Marta piega la testa di lato e mi osserva divertita.
«Gianmarco, il loro bambino prodigio dei miei…»
Mi colpisce di nuovo con il foglio.
«Che rottura di palle, oh. Non posso neanche lamentarmi?»
Mi guarda, braccia incrociate e palpebre socchiuse. «E quella?» Indica la bandiera della pace appesa al balcone.
«Quella rappresenta i miei valori di pace, tolleranza e… cose simili. Dai, le sai, no? Le conosci.»
Sospira. «Va be’, io vado in bagno mo’.» Scompare nel corridoio.
«Lorè, che è sta palude?»
«Ah, la vasca perde. Niente di serio.»
«Sarà…»
Mi affaccio di nuovo. L’allegra famigliola è lì. Le due giovani ragazze alternative, il bambino prodigio, il cane scoglionato e il gatto… lui è forse l’unico normale.
Accendo la sigaretta e ne faccio un lungo tiro.
«Bah, gente strana.» Mormoro.
Sbuffo, il fumo grigio si perde nella luce di mezzogiorno.