Questa volta tenetevele strette

Il nonno si ferma per riprendere fiato. Le mani gli tremano, asserragliate ai manici dei bastoni da trekking. Accanto al masso, sotto la luce del lampione e con il lato della montagna a fianco, sembra una cartolina vintage.
– Nonno? Tutto okay?
Solleva lo sguardo, gli suda la fronte ma i suoi occhi sorridono come quelli di un bambino.
– Arrivo, dammi solo un momento. Non ho il tuo fisico da atleta e non sono più giovane come quando avevo ottant’anni.
Gli concedo una risatina di cortesia. – Farebbe più ridere se non sapessi che l’hai rubata agli Aristogatti.
– Riciclata, figliolo. Ora si ricicla tutto.
Rido sul serio. – Questa era carina.
Sollevo lo sguardo, la coltre di nubi nere che circonda il mondo sembra iniziare a diradarsi.
Mi avvicino al nonno e gli porgo il braccio per aiutarlo, ma lui mi fa cenno di no. Vuole cavarsela da solo, come sempre nella sua ammirevole testardaggine.
Riprendiamo a camminare verso la cima della montagna, la luce dei lampioni che illumina il sentiero sembra un lunghissimo serpente dorato, con tanto di testa dove il sentiero termina al rifugio. Una piccola folla già si sta accalcando attorno alla struttura, e tra pochi minuti ci saremo anche noi.
– Ehi nonno, quando è stata l’ultima volta che l’hai visto?
– Eh, avevo… avevo la metà dei tuoi anni, più o meno. Ricordo come fosse ieri l’annuncio: uscite a guardare le stelle per l’ultima volta.
Un brivido mi attraversa. Chissà come sono fatte.
– Non c’era altro modo?
Nonno sospira. – Quando ascoltai l’annuncio ero in mutande sul divano, con un ventilatore puntato contro e dei pacchi di ghiaccio sulla testa.
– Ho capito, ma…
– Era Gennaio.
– Ah.
– Per voi della generazione Zero sembra assurdo, ma stavamo bollendo, letteralmente bollendo. Abbiamo dovuto decidere se estinguerci o vivere nell’oscurità.
Tossisce. Ancora, e ancora, sempre più forte.
– Nonno, tutto a posto?
– Sì, tranquillo. Ehi, sono io che sto per morire, o c’è un po’ di luce, lassù?
Alzo la testa, in effetti sembra esserci qualcosa attraverso le nubi, come dei riflessi argentati.
– È la luce della Luna?
Nonno sorride. – Forse. Non la vedo da sessant’anni, la mia memoria è un po’ oscurata.
Arriviamo al rifugio, accanto alla calca. Sono tutti in silenzio a fissare il cielo: anziani, adulti, bambini. Chi, come il nonno, lo ha visto quando era ancora piccolo e teme di non vivere abbastanza perché le nubi si diradino a valle; chi, come me, è nato in un mondo di tenebra e lo vedrà oggi per la prima volta. C’è di tutto.
Nonno mi stringe il braccio, la sua mano trema così tanto che sembra trasmettermi un terremoto. Anche lui sta fissando il cielo.
Alzo lo sguardo.
Le nubi sono rade, come non le avevo mai viste prima. E c’è della luce dietro. Luce d’argento, sembra venire dal paradiso.
E poi puntini. Tanto piccoli puntini bianchi, azzurrini, più intensi, meno intensi. Come se il cielo avesse delle meravigliose lentiggini d’argento.
Nonno mi stringe il braccio, i suoi occhi sono lucidi.
– Figliolo, questa volta tenetevele strette. Ti prego.