Rinascita

Madre e figlia, amore e odio, morte e rinascita. Quarto classificato nella 122° Edizione di Minuti Contati con Stefano Paparozzi come guest star, un racconto di Patty Barale.

 
La tua mano si serra intorno alla mia, mentre occhi carichi di paura e odio mi fissano.
 
Sai che è il momento e mi odii, mi odii perché io sarò ancora qui, quando tu non sarai più.
Sei così debole e indifesa. Proprio come lo ero io di fronte alla tua assenza di empatia, al tuo essere “emotivamente stitica”.
Non hai mai pensato a me come a un individuo altro, una persona con i propri sogni, aspettative, emozioni. No, io ero una tua appendice, la parte di te che doveva riuscire dove tu non avevi avuto la possibilità o avevi fallito.
Hai annichilito la mia fantasia, la mia personalità, il mio vero io: quando mi allontanavo dalla “sorgente” mi umiliavi con i tuoi silenzi che duravano settimane o con quelle parole che calavano come una pietra tombale sulla mia autostima: “mi hai delusa!”
E io sentivo di non valere nulla, che non avrei mai avuto il tuo amore, né quello di chiunque altro.
Ed ero solo una bambina!
Ho trascorso la vita cercando di essere come tu volevi per conquistarmi un “sono orgogliosa di te”, agognando un banalissimo “ti voglio bene”.
Non mi hai mai voluta conoscere.
Non hai mai saputo capire le mie fragilità, le mie paure, le mie insicurezze, ma sei stata abilissima a usarle.
Ricordi quando sono diventata anoressica?
Finalmente qualcosa su cui ero io ad avere il controllo, ma anche il mio urlo munchiano, il mio SOS lanciato verso di te.
Altri hanno captato il segnale, tu avevi spento la ricevente…
Non hai mai perso l’occasione di sbattermi in faccia tutti i sacrifici che hai fatto per me. Peccato che ogni sforzo fosse volto soltanto verso quelle ambizioni che coincidevano con le tue.
Tanto che ho smesso di desiderare, di divergere.
Di cercare di essere felice.
 
La tua mano stringe con forza, gli occhi mi cercano.
 
Ora avvicino il viso al tuo e sussurro “Ti odio!”, poi mi alzo, guardo i tuoi occhi dilatarsi per la sorpresa o la paura ed esco dalla stanza senza voltarmi indietro…
E invece ricambio la stretta e ti accarezzo i capelli.
Vorrei odiarti, sarebbe tutto più facile.
 
La lucidità si diluisce nei tuoi occhi liquidi.
 
Chissà se almeno per un istante riuscirai a capire quanto male mi hai fatto.
 
Le tue narici si dilatano a catturare molecole di ossigeno.
 
Una lacrima mi scivola lenta lungo la guancia.
È inutile mentire: nonostante tutto io ti amo e sono terrorizzata da ciò che sarà.
 
Il buio cala nei tuoi occhi, la mano scivola sul lenzuolo.
 
“Mamma…”
Non ci sei più
Ora dovrò cercare di capire chi sono.
Sono nata.
Di nuovo.