
Vittorio aprì il portone, sfilò le scarpe premendo sui talloni e attraversò l’atrio. Posò la busta della spesa sul ripiano della cucina e accese la TV.
Pubblicità: voci suadenti e musichette.
Sistemò la spesa nel frigorifero. Sospirò. Fatta quella, non aveva altro in programma per tutto il weekend.
Si sedette in poltrona. Ancora pubblicità.
L’orologio al muro segnava le nove e quarantadue. Due ore al pranzo, una prima di cominciare a prepararlo.
Il medico sorridente nello schermo era l’unico suono in tutta la casa. Controllò gli angoli sopra la libreria.
No, ho spolverato l’altro ieri.
Lo sguardo si posò sulla credenza. Dentro un puzzle da 1500 pezzi attendeva da quasi cinque anni.
Scosse la testa.
E continuerà ad aspettare.
Sospirò ancora.
Giovanna.
Alzò il volume.
Giovanna.
Alzò ancora fino a far gracchiare gli altoparlanti.
Nel televisore una mano femminile in HD sollevava una boccetta dorata. Gli occhi della tipa erano sicuramente fatti al computer, e anche la pelle. Però una bella figa.
Niente profumi, grazie.
Altro spot. Biscotti.
Giovanna con quell’altro. Quel tipo alto. Quel coglione che un giorno sì e uno no doveva essere dal barbiere. Cazzone. Era finto. Sorriso finto, carriera finta, tutto finto. Tranne che era un coglione.
Scosse il capo e si alzò. Attraversò l’atrio e sistemò le scarpe, parallele all’attaccapanni. Si guardò attorno: doveva trovare qualcosa da fare. Leggere?
Troppo noioso.
Ancora pubblicità.
Giovanna. Il suo sorriso ora era per quello stronzo. Lei che era sempre stata così genuina, ora sorrideva a quella merda col sorriso finto. E ci scopava anche. Ci scopava…
Tachicardia. Cominciò a fare respiri profondi. La testa cominciò a girare.
Si appoggiò al bancone della cucina.
Cazzo, è da malati. Poi tanto non lo faccio.
Guardò il cassetto. Uno scrigno del tesoro. Era il primo segreto della sua vita.
Solo se è proprio necessario…
Era necessario?
Lo spot terminò. Ne partì un altro.
Sì, lo è.
Allungò le braccia e avvicinò la tavoletta con la pietra al bordo del ripiano, aprì il cassetto e tirò fuori il coltello a lama alta da ventidue centimetri. Sorrise: l’aveva comprato apposta. Pesante, freddo, scintillante.
Aprì il rubinetto, raccolse dell’acqua nella conca della mano e bagnò la cote.
Il suono dell’acciaio sfregato sulla pietra ruvida lo calmò. Continuò a passare la lama avanti e indietro a ritmo col respiro.
Ancora, e ancora, e ancora.
La musica della pubblicità, dopotutto, era orecchiabile. Chi faceva gli spot ci sapeva fare.
Giovanna con quello stronzo. Sicuramente sorridevano.
Sorrise anche lui.
«Forse alla fine ce la farò. Forse arriverà il giorno… Arriverà.»