
Un sogno che diventa un incubo in questo racconto di Andrea Gemignani, finalista nella 113° Edizione di Minuti Contati con Federico Guerri come guest star.
L’aria è tiepida e per le strade del paese si sente un crescere di voci e musica.
È la festa del Patrono e tutti sono fuori questa sera.
Giulia si sistema il nastrino rosso che porta legato ai capelli e afferra la mano di suo padre.
Mentre cammina, addenta con forza un pezzetto di croccante. Le piace da matti e lo mangia solo nei giorni di festa.
Si guarda in giro con gli occhi curiosi. Probabilmente c’è più gente quest’anno.
Poi, all’improvviso le voci si attenuano e per il corso serpeggia un brusio di trepidazione.
Gli occhi di tutti si girano verso la piazza ed ecco che spunta la grande statua di legno di San Gervasio.
Avanza lenta, tra due ali di folla, accompagnata dal tintinnio di un campanello, per poi riprendere, inesorabile, accecata da migliaia di flash e salutata da uno scroscio di applausi.
Giulia tiene stretta la mano del suo papà e guarda San Gervasio mentre passa davanti a lei. Quel viso severo col naso sbucciato e la barba folta le hanno sempre fatto un po’ paura, anche adesso che ha otto anni.
Finalmente è passato, può stare tranquilla, almeno fino alla prossima domenica non lo vedrà più.
La festa riprende ancora più chiassosa e sente le persone che la stringono e quasi la sollevano da terra.
Appoggiato ad un lampione c’è il mago dei palloncini che si ingegna a fare le forme più strane. Per un attimo riesce a vedere le sue mani che intrecciano abili la plastica gonfia e colorata e ne fanno uscire una farfalla.
Sorride in silenzio Giulia, mentre stringe la mano del suo papà.
Il primo colpo arriva solitario, forse in anticipo.
Il secondo è accompagnato da un bagliore e da una scia luminosa prima dello scoppio assordante, avvolto da una cascata di luci.
Uno dopo l’altro appaiono lampi fluorescenti che danzano nella notte come tante stelle filanti, al ritmo degli “oh” di meraviglia delle persone.
Giulia li guarda incantata, le sono sempre piaciuti i fuochi d’artificio ma quest’anno le sembrano ancora più belli.
Le voci adesso si fanno più forti e l’aria si carica di attesa.
C’è il gran finale.
Le scintille luminose saettano fulminee, fischiando nel buio e i rimbombi si susseguono impazziti, sovrastandosi a vicenda.
La gente si stringe ancora, come un’onda.
Giulia inciampa, per un attimo molla la presa di suo papà, ma è soltanto una frazione di secondo.
Ritrova subito la mano calda e sicura e la riafferra con forza, abbarbicandovisi come una piantina d’edera tra un mare di persone festanti.
Poi però, a poco a poco il rumore si attenua e vede che c’è sempre meno gente.
Dove sono tutti?
Solo allora si accorge che sta camminando e sente un brivido lungo la schiena, come quando vede San Gervasio.
La stretta si fa più forte. Le fa male e adesso ha paura.
Alza lo sguardo.
L’uomo che la tiene stretta abbassa la testa verso di lei e le sorride.
«Tranquilla, sono un amico del tuo papà, ti accompagno in un posto».
In lontananza l’ultimo lampo accecante si riflette sul nastro rosso legato ai suoi capelli.
Poi il buio.