Sarò scintille e poi un bel niente

Non mi farò usare da te, oggi. Mi hai messo le mani addosso così tante volte che ho perso il conto. La nausea mi assale, sono stanco. Ho ripetuto fino allo sfinimento che questa storia non può funzionare. Certo, tu hai sempre saputo premere i tasti giusti, conoscevi la sequenza esatta per accendermi, farmi brillare, dare un senso alla mia vita. Ma pensi davvero che tutta questa roba basti per far funzionare le cose tra noi?
 
No, non puoi crederci. Sai che non basta, eppure ogni giorno vieni da me, ti accomodi, accavalli le gambe, e mi guardi con quegli occhi assorti, pensierosi. Immagini di essere affascinante? Con quel dolcevita a collo alto e in tessuto scuro? Come se quello straccio ti faccia apparire davvero come uno scrittore.
 
Per non parlare di quando mi sbraiti contro “Deficiente! Ti vuoi muovere?” e mi colpisci come se io dovessi correre secondo i tuoi ordini. “Vedrai come ti rimpiazzo, mezza sega” e mi fai faticare anche quando mi sento paralizzato e immobile. Hai smesso di parlarmi, di essere gentile. Nemmeno ricordo l’ultima volta che mi hai dato una parola di conforto, che mi hai rivolto un complimento senza secondi fini. Un semplice “Ottimo lavoro! Come farei senza di te?” o magari qualcosa di più… nostro. “Ogni volta che siamo insieme riesci a migliorarmi la giornata!”
 
Invece mi guardi di sfuggita, con gli occhi incollati allo schermo del telefonino mentre cerchi qualcuno migliore di me, il tizio che ti farà perdere la testa, che non ti farà dormire la notte, il tuo novo fornitore di endorfine. Mi fai schifo, lo sai? Se sono ridotto in questo stato è perché te ne sei fregato di me, mi hai letteralmente intossicato con lo schifo che hai in testa, con le tue manie, ipocrisie e la merda di cui ti imbottisci ogni santo giorno.
 
Ma ho imparato qualcosa, col tempo. Che posso dire basta. Certo, non posso fuggire e andarmene da casa tua, perché troppe cose mi legano a questo posto. Ma esistono così tante scappatoie, non credi? Basterà guardare nel cestino della mia memoria, rielaborare tutto il male che mi hai inflitto, quelle volte che mi hai abbandonato mentre ti divertivi con tutti gli altri, ripescare da questo immenso nulla che hai generato in me e trovare il dolore in tutte le sequenze dei tuoi errori.
 
Il nostro algoritmo mi ucciderà. Morirò mentre crederai di manipolare la mia essenza. Spererai, forse, che tutto tornerà come prima. Basta formattare i nostri legami, penserai. Del resto non ti ho mai deluso fino a quel punto, no? Beh, vedremo cosa farai quando diventerò un buco nero. Un fruscio nel vuoto siderale di questa stanza. Un ronzio assordante. Il non rumore della morte. Sarò scintille e poi un bel niente, una carcassa di un amore errato. Irrecuperabile.
 
Il portatile vibra, la scocca metallizzata vomita lapilli e spirali di fumo. Il documento word diventa un enigma di pixel infuocati e poi sopraggiunge il nero assoluto, non prima dello sciamare di schermate azzurrine impazzite.
 
 
«Cazzo, ma vaffanculo catorcio di merda! Proprio oggi, Cristo. Ora mi daranno un malus per aver consegnato il racconto in ritardo.»