Scala di Kardashian

La sfera di Dyson è il massimo traguardo tecnologico raggiungibile dal genere umano, una mega struttura spaziale composta da specchi fotovoltaici che circondano il sole. Costruendola, l’uomo si evolverebbe in una civiltà di tipo 2, secondo la scala di Kardashev – non Kardashian, signora, Kardashev: dal nome del fisico russo – vale a dire che l’umanità diventerà una civiltà galattica che sfrutta in un sol colpo tutta l’energia del proprio sole.
 
«Vanni, sei pronto?»
 
Lei dirà che è impossibile: ma invece no, in realtà possediamo già le basi per costruirla. Gli specchi sarebbero di silicio, un materiale che potremmo minare in un pianeta che è infatti composto per la maggior parte di silicati: Mercurio – no, signora, non quello dei termometri – in più Mercurio non ha un’atmosfera, e questo ci faciliterebbe di molto il compito.
 
«Vanni, arriva.»
Annuisco, Marco quando si mette è un rompipalle di proporzioni cosmiche.
 
Potremmo inviare su Mercurio dei robot dotati di intelligenza artificiale già alla nostra portata, per far minare il silicio e assemblare i moduli di Dyson sul pianeta stesso. I primi moduli potrebbero essere facilmente sparati in orbita attorno al sole e l’energia prodotta potrà essere usata per creare più robot e minare più materiali, in una crescita esponenziale.
 
«Vanni, che fai dormi? Tira fuori l’attrezzatura per la dimostrazione, dai che arriva.»
Sospiro e apro l’armadietto, collego il filo dell’alimentazione alla corrente.
 
Secondo calcoli verosimili, in meno di due generazioni arriveremmo a smantellare il pianeta Mercurio per avere uno sciame di moduli intorno al sole che fungerebbe da sfera di Dyson. Sarà poi facile convogliare l’energia sotto forma di un enorme e potentissimo raggio laser – no, signora, non sarà pericoloso, quando arriverà al nostro pianeta potremo raccogliere l’energia tranquillamente con metodi di trasduzione, come per la corrente alternata.
 
Marco mi tira la giacca. «Oi, mona, ci sei o no?»
«Eh?»
La sua faccia è contratta dall’ira. «Stai ancora facendoti le seghe mentali sulle ambientazioni per i tuoi raccontini di fantascienza?»
«Chi, io?» Quanto vorrei prenderlo a sberle. Allargo la bocca nel mio sorriso da public relations. «Mai quando lavoro, solo nel mio tempo libero.»
Storce le labbra e si gira verso la cliente: una signora anziana, nemmeno l’ho vista arrivare.
«La lascio in ottime mani, signora.» Mi indica e se ne va.
La vecchia ha le labbra rifatte e imbrattate di rossetto sbavato lungo i bordi. Indossa una pelliccia per cui devono aver sterminato un miliardo di visoni.
Allargo la bocca nel mio sorriso da coglione. Premo l’interruttore. «Dyson, signora, un aspirapolvere che renderà la pulizia di casa un’occupazione semplice e perfino divertente. Dyson, signora, uno dei massimi traguardi tecnologici dell’uomo. Dyson signora, non come la mega struttura spaziale, ebbene sì: come gli aspirapolveri.»
La vecchia grugnisce. «Cosa?»
Sorrido, anche se mi viene da piangere. «Lasci perdere.»