Se lassù qualcuno ti vuole bene

Mia nonna mi diceva che quando ti manca il coraggio, se c’è qualcuno lassù che ti vuole bene, qualcosa succederà.
Il mio cuore vibrava come la fragile corda di un violino dimenticato fuori in una notte di tempesta, pronto a spezzarsi. Non sapevo cosa fare.
Alla fine ho deciso di prendere in mano il telefono. Loris era steso sul letto, il respiro sempre più corto, gli occhi sempre più fissi mi torturavano il cuore. Minuti infiniti a ricomporre lo stesso numero finché qualcuno aveva risposto.
«Mio marito non riesce più a respirare, dovete venire.»
Avevo tenuto gli occhi chiusi, aspettato il suono del campanello, aperto la porta, sentito lo stropiccìo delle tute di plastica sopra i camici bianchi che mi passavano davanti.
«Come sta signora?»
Avevo annuito.
Un guanto di lattice mi aveva toccato il braccio, avevo sentito un dolore ma ero stata zitta, come al solito, come d’abitudine. I camici bianchi avevano scosso la testa, e portato via Loris avvolto in un lenzuolo dall’odore di alcool e ospedale.
Qualcuno mi aveva dato un foglio dicendomi che per almeno quindici giorni non dovevo uscire di casa e che se avessi cominciato a stare male anche io, avrei dovuto chiamare il numero scritto in alto a destra.
Rimasta sola, sono andata in bagno, mi sono spogliata, cercando di toccarmi il meno possibile, i segni viola che avevo su tutto il corpo stavano impallidendo, una volta entrata nella doccia, le lacrime si erano mescolate insieme al getto d’acqua.
Sotto quello scroscio purificante ho pensato a tutte le volte che mi aveva picchiata, a tutto il coraggio che mi è mancato, al panico che mi ha assalito quando ho capito che sarei dovuta rimanere in casa, insieme a lui, tutto il giorno, tutti i giorni, per chissà quanto. Negli occhi di Loris ho visto la collera di un animale chiuso in gabbia, i pugni e i calci che mi aveva dato l’ultima volta erano stati diversi: lo sfogo disperato di chi non ha più ragione di fermarsi a pensare al futuro.
Pensavo di essere spacciata, invece ero salva, per ora.
Uscii dal bagno, pulita. Forse mia nonna aveva ragione, la vita mi stava dando un’altra possibilità. Per quanto tempo mi ero sentita, incastrata, soffocata.
Ancora adesso mi sento sbagliata, per aver creduto in lui, anche se si accaniva contro di me, per essermi detta che non era colpa sua se aveva perso il lavoro, se la sfortuna si accaniva contro di lui e lui contro di me.
Ma adesso basta, è finita. Guardo fuori dalla finestra, la foschia della mattina se ne è andata. il respiro della nuova era soffia sulla mia vita.
In questo giorno arrivo sola, non so quanto tempo avrò, ma non importa, per il tempo che mi resta assaporerò il dolce gusto della libertà.
Grazie nonna.