
Stefania attraversò il salotto e si fermò davanti alla porta dello studio.
Sorrise. Era giunto il momento che attendeva da tanto tempo. Abbassò la maniglia ed entrò.
Accese la luce e si guardò intorno: tutto era rimasto come prima della morte di Gerardo. Ogni libro era al suo posto sugli scaffali, ogni statuetta manteneva inalterata la propria posizione sulla scrivania, persino i fogli su cui erano vergati gli ultimi appunti non erano stati mossi da nessuno.
Stefania fece una smorfia di disgusto. Odio quelle orrende statuette. Le risuonarono in mente le inquietanti cantilene che udiva spesso dietro la porta. Che diavolo combinavi, eh, maritino mio?
Aggirò la scrivania e si diresse verso lo specchio a parete, punto di congiunzione tra le due grandi librerie ricolme di volumi.
Il riflesso la scrutò compiaciuta. La cassaforte era celata là dietro. Col ben di Dio che custodiva, le avrebbe consentito di cambiare vita.
Pose le mani sul bordo dello specchio e lo spinse di lato.
Eccola.
Un brivido le percorse la schiena.
Fortuna che Gerardo mi ha rivelato la combinazione prima di tirare le cuoia. Facile come rubare caramelle a un bambino.
Sfiorò il pannello digitale della serratura e un dettaglio nello specchio attrasse la sua attenzione.
Un libro dalla strana copertina era adagiato sulla poltrona di pelle. Si voltò.
E quello da dove sbuca?
Presentava aree di colori appariscenti e, in primo piano, un intreccio di simboli stravaganti, simili a ragnatele sovrapposte. Su tutto risaltava il lungo titolo stampato con un carattere in stile gotico rosso sangue: “SE STAI PER LEGGERE QUESTA STORIA, HAI SBAGLIATO TUTTO”.
Lo prese. Lo sfogliò.
La carta emanava un fastidioso odore, come di paglia bruciata. Le pagine erano bianche. Non c’era scritto niente. Che idiozia è mai questa? Decise di archiviarla come l’ennesima bizzarria di suo marito. Rivolse di nuovo il pensiero alle meraviglie dentro la cassaforte.
Un momento.
Riaprì il libro dai colori sgargianti. Voltò le pagine dall’inizio. Il respiro le si mozzò in gola. Trovò qualcosa: l’incipit di una storia.
“Stefania attraversò il salotto e si fermò davanti alla porta dello studio.
Sorrise. Era giunto il momento che attendeva da tanto tempo. Abbassò la maniglia ed entrò.”
«Ma che cazzo di roba è?»
Sgomenta, continuò a leggere.
“Continuò a leggere… Poi s’interruppe, passi pesanti echeggiarono oltre l’uscio dello studio”.
Stefania alzò lo sguardo. Per un attimo il suo cuore si fermò.
Gerardo entrò a passo lento. Non mostrava più l’incarnato violaceo del trapasso. Le sue labbra, incorniciate da baffi e pizzetto brizzolati, erano atteggiati in un ghigno.
«Sei vivo» riuscì a dire Stefania.
«Indovinato» rispose lui, sarcastico. «Cara, ero sicuro che ci avresti provato. Sai, esistono rituali per prevedere il futuro, altri per indurre la morte apparente. Ed eccomi qua!»
Le gambe le diventarono molli. «E adesso?»
Lui le indicò il libro. «È tutto scritto lì. Forza, leggi.»
La voce di Stefania si fece tremula. «Gerardo chiuse la porta dello studio e…»