Showtime

Il trucco sta tutto nel far finta che voi non esistiate.
All’inizio mica era facile. Ogni volta che lo sguardo finiva su quella cazzo di videocamera, subito nella testa mi si formava l’immagine di voi stronzi dall’altra parte dello schermo, con i vostri cazzetti flosci intenti a segarvi mentre guardavate me che mi facevo qualche turbofica che voi sfigati non sareste mai in grado di portarvi a letto, se non sganciando un bel bonifico a tre zeri. E fin qui nulla di male, se non che poi rischiava di ammosciarsi pure a me e fanculo al business.
Insomma, voi non dovete esistere. Esistono solo i vostri messaggi, quelli sullo schermo del portatile durante le dirette, con tutte quelle richieste di cui io mi sbatto altamente. Come se voi sapeste come cazzo si conduce questo gioco. Invece no! Qui sono io il padrone di casa. Lo ripeto: voi-non-esistete.
Non esistete per me e tantomeno per la troia ai miei piedi, intenta a non affogare mentre le spingo venti centimetri di nerchia giù per la gola. Solo che nel suo caso voi non esistete soprattutto per via della maschera in latex che le ricopre l’intera faccia, fatta eccezione per un unico taglio all’altezza della bocca. Questo e anche il fatto che non le ho detto nulla di voi, che altrimenti col cazzo che avrebbe accettato di farsi sbattere. Ma in fondo che importa? Dopotutto in questo modo otteniamo tutti quello che vogliamo, dico bene?
Ora però è tempo di lavorare.
La lascio soffocare ancora per qualche secondo, per poi liberarla con uno schiaffo. Nemmeno un gridolino, la troia.
«Ne vuoi ancora, vero?»
Non dice nulla. Si limita ad annuire, ansimante, le labbra piegate in un sorriso appena accennato.
L’afferro per il collo e la sbatto a pancia in giù sul letto, in un punto ben coperto dalla telecamera. Intuisce subito cosa voglio: alza il culo verso l’alto, le ginocchia divaricate quel tanto che basta per mostrare la mercanzia.
Ora sono io a sorridere.
Avvicino la bocca a quell’opera d’arte che è il suo culo e ci sputo sopra. La saliva cola in mezzo e col pollice inizio a solleticarle l’ano.
Vi state divertendo, eh, segaioli del cazzo? Certo che sì, perché ormai sapete cosa sta per accadere: il pezzo forte del menu, la specialità dello chef.
Mi piego a lato del letto e con la mano libera tiro su la protesi.
Senza che la troietta s’accorga di nulla, c’infilo dentro il cazzo e appoggio la punta allo sfintere. Quel culo sfondato non mostra troppa resistenza, e allora comincio ad andare più in profondità, fino al punto in cui la protesi si allarga e iniziano le lame. Un colpo secco, il metallo che si fa strada nella carne, lei che inizia a strillare e con un colpo di reni quasi mi fa perdere l’equilibrio.
Mollo un pugno e inizio a sbatterla a dovere, fino a che le lame non trovano più resistenza in quella poltiglia di muscoli e nervi.
Strappo via la protesi dal corpo ormai immobile e giro la testa verso la telecamera, verso di voi, mentre concludo la performance con la più classica delle seghe.
«Allora, piaciuto lo spettacolo?»