
Amore, tradimento, odio e dramma in questo racconto di Giancarmine Trotta, terzo classificato nella 125° Edizione del contest principale di Minuti Contati, con Raffaele Marra come guest star.
La notte, la nostra.
Siamo soli, io e te. Il tempo della farsa è terminato.
Ti guardo, sai perché.
Ti bacio, accetti.
Mi cerchi: ci sono, ci sarò sempre, perché la passione è legame, è forma e sostanza.
È odore, sapore.
È vita.
Hai paura, ti abbraccio.
L’abitacolo è freddo, le pistole cariche.
Il silenzio ci accompagna e i pensieri si mescolano ai sentimenti: insieme ballano nella mia testa e diventano frastuono, timore.
Speranza.
Non ci sarà domani, non ci saranno respiri, sospiri, risate.
Partiremo, adesso.
Il telefono squilla.
È lui.
Tremi.
Ti accarezzo, delicato. Il mascara si dissolve, tenta di raggiungere le labbra, scompare.
Sei ancora più bella.
Sei mia. Così hai deciso.
In questo mondo non c’è spazio per due uomini.
Ma lui è un uomo? Lo schifo.
Non porti più la fede, non hai simboli, nulla ti lega a quell’essere e ti stringo forte.
Battiti, pelle, fiato.
Brividi.
Dal telefono ancora lui.
Acconsento, rispondi.
Una mano nella mia. Godo del piacere di sentirti dire che mi ami, che è finita.
Lui incassa, poi inveisce, infine minaccia.
Ora sa dove siamo, cosa vogliamo.
Dove andremo.
Piangi.
La tua famiglia ti abbandonerà, lo sai.
Lasci gli agi, le ricchezze, i morbidi cuscini dove costruivi i tuoi incubi. Ti immaginavano donna, mamma, padrona.
Ti chiameranno puttana.
Si volteranno dall’altra parte, punteranno il dito verso di te e sputeranno veleno.
Ho una grande responsabilità.
Se non sarà amore terreno, sarà amore eterno. Ti sussurro poche parole.
Guardo le pistole.
Soffro.
Abbasso il finestino e il fresco asciuga la fronte.
Scendo.
L’argilla disegna strane forme sotto di noi.
La luna, pallida, si gode la tragedia.
Finalmente delle luci, dei rumori.
Eccolo.
Siamo fuori, abbracciati.
Siamo uniti.
Pronti.
Lui si dispera, urla.
I fari illuminano il nostro teatro.
C’è tua madre, incredula, in ginocchio.
Chiedi per l’ultima volta il divorzio. Ancora.
Poi ancora e ancora.
Lui strepita, nega, ti prega di tornare.
Giura che cambierà. Lo stai ascoltando?
Ci guardiamo.
Sulle loro teste il sudore.
Sulle nostre tempie il ferro.
Un bacio.
Il piombo.
Il rumore scuote la valle, mette paura agli animali, turba le anime.
È questa quindi la morte?
Ti guardo, esanime.
Arrivano.
Ti cercano, ma non ci sei. Hai avuto coraggio, sei stata esemplare. Meglio il suicidio, la morte, il disprezzo. Tutto, pur di non tornare da tuo marito.
Lui si avvicina, mi colpisce.
Non sono un vigliacco.
La mia pistola è lì, per terra. È lei la traditrice, gli urlo.
Poi sirene, rumori.
Lenzuola.
Negli occhi di Sofia io, mentre premo invano il grilletto.
***
Al cimitero i fiori sono ormai secchi.
Il vento forma vortici di foglie.
Qualche petalo vola da lei.
Sofia sorride.
Sento dei passi sempre più vicini, cadenzati.
Resto immobile.
È lui.
Si segna.
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
La guarda, si gira e mi passa la busta.
È gonfia.
Va via, senza voltarsi.
Lo schifo.
Poteva lasciarti.
Ti ha distrutta.
E io con lui.