
I momenti in cui ho pieno possesso delle mie facoltà mentali stanno diventando sempre più rari. Ogni giorno, le Acque Nere si prendono un nuovo pezzo del mio cervello. Millimetrico, infinitesimale, ma una volta che le hai in circolo, che ti girano nelle tubature di carne molle, allora tanti saluti. Il tuo corpo è loro.
La tua anima è andata.
Se ne sia valsa la pena, me lo chiedo continuamente.
***
Non so quanti giorni siano passati da quando ho vergato le prime parole su questo foglio. Era bianco, ora è molto sporco, ed è stata una vera fortuna ritrovarlo. Un tempo li chiamavano miracoli. Li attribuivano a delle persone chiamate “santi”, che però non esistevano davvero. So che in un’antica città non molto lontana da qui, niente più che un cumulo di rovine, pregavano un certo Sant’Ambrosio, o Ambrogio.
Io mi chiamo Chaia, credo. L’eclissi è giunta da tempo sul mio nome. Non ha più alcuna importanza.
Perché le mie mani sono così rugose? Me le ricordo lisce. Chaia Mani-lisce, il cui tocco fa sollevare la pelle – e anche qualcos’altro – agli uomini.
Quanto tempo è passato?
***
Non così tanto, credo. Non vedo grossi cambiamenti nel mio corpo, rispetto alle ultime volte. Ho la nausea, forse sono di nuovo gravida. Tanto meglio, gli altri bevitori di Acque Nere mi daranno più cibo.
Spero di riuscire a vedere almeno una volta mio figlio, prima che tutto si eclissi e me lo dimentichi.
Un altro figlio perduto. Chissà quanti ne ho avuti?
Ma non devo parlare troppo di me. Io sono solamente una dei molti, che ha la fortuna di saper scrivere e di poter tramandare la nostra storia.
A che serve vivere in un continuo stato di chiaroveggenza, dico io, se questa è solamente fine a sé stessa?
Grazie alle Acque Nere, noi vediamo passato, presente e futuro. Ogni volta è un’epifania, un sogno a occhi aperti che ci svela la nostra storia e ciò che verrà.
È accaduto dopo il meteorite.
È giunto dal cielo, ha sbattuto violentemente al suolo, e la terre si sono aperte, lasciando fluire le acque.
Le polveri sono salite fino a oscurare il cielo, e ciò è rimasto immutato per lunghissimi anni.
Ma l’umanità è sopravvissuta, ha prosperato.
Per tanti secoli gli uomini si sono preoccupati dei gas rilasciati nell’aria, del sole che scaldava sempre di più, dei mari che bollivano e divenivano sempre più neri.
Ma non è così che funziona. L’universo è un animale immortale. Sopporta, stoicamente, finché qualcosa o qualcuno non tenta di sovvertire il suo destino.
E allora si riequilibra. Si distrugge, rinascendo dalle proprie ceneri.
Io non ero ancora nata, ma le Acque mi hanno parlato di quell’antico passato.
Le Acque fluite dal meteorite.
Il Nero Sogno che viene dalle stelle.
28 Febbraio
Gli antichi tenevano delle date quando annotavano gli eventi, per cui ho pensato di farlo anche io, per rendere questi scritti più ordinati.
So i numeri, so che il febbraio è un periodo dell’anno, ventotto erano i miei anni quando ho bevuto le Acque per la prima volta.
Tutti coloro che assaggiano il succo dell’oscurità dicono che la prima visione è sempre quella più potente.
Ho conosciuto un bevitore (noi non ci diamo nomi) che ha spergiurato di aver visto tutti i volti dei re della nostra terra, passati, presenti e futuri, e il preciso anno in cui sono morti. Carlo Magno, 814. Napoleone Bonaparte, 1821. Giovanni Paolo II, 2005. Giuseppe Blais, 2131. Il Dio del Ferro, 2566.
Un altro sostiene di conoscere i nomi di tutti i bambini nati durante una guerra senza nome, durata trent’anni, e iniziata con la Rivolta di Roma del 2045.
Anche io li conosco. Quando le Acque Nere forniscono a qualcuno una visione, questa diviene parte di tutti i bevitori. È una sorta di memoria collettiva, come se fossimo un gigantesco archivio di ciò che è accaduto in questo sperduto angolo dell’universo.
Ho le convulsioni. Credo di stare per partorire.
29 Febbraio
Mio figlio ha quattro o cinque mesi. Oggi l’ho visto in volto per la prima volta, posso ricordarmelo! I suoi occhi, pieni di speranza e di voglia di vivere. Lui mi conosceva bene. È da quando è nato che si nutre al mio seno.
È grasso, ben pasciuto, pare che non gli manchi niente.
Il meteorite e il suo sangue nero fanno sì che anche nei momenti di blackout il nostro istinto di sopravvivenza non venga mai meno.
Siamo come tante formichine, costantemente intente a sognare e lavorare, salvo quando la nostra regina ci dona qualche istante di tregua.
La meteora è la nostra regina.
Dove prima c’erano montagne altissime e laghi cristallini, ora c’è lei.
Nera, immortale.
Splendente.
Osserverò mio figlio finché posso. Oggi non è tempo di scrivere.
30 Febbraio
Perché ho scelto di bere le acque per la prima volta?
La risposta, un tempo, era ovvia.
Il meteorite ci dona la salvezza.
Coloro che divengono bevitori del suo seme, del suo sangue, divengono parte di esso. Là fuori, oltre i fiumi e i ruscelli che trasportano il dolce succo della conoscenza, c’è una terra massacrata.
L’uomo è sopravvissuto nella forma, ma non nella mente.
Aveva deciso di elevarsi a creatura superiore alla bestia, e l’universo ha deciso che troppo era stato fatto. Era necessario tornare all’animale.
Quelli là fuori utilizzano ancora strumenti, parlano, cacciano, ma non sono più uomini.
Gli artigli li avevano persi da tempo, ma ne hanno saputi costruire di ferro, e ora sono intrisi di sangue come quelli dei lupi.
Nemmeno noi siamo più uomini. Noi siamo il meteorite, e con esso c’è la pace.
Mio figlio è grande. Forse ha due anni. Non appena sarà in grado di aiutare la comunità, anche lui berrà le acque consacrate.
Spero non sia terribile come quella che ho avuto io. Ogni volta che mi riprendo, come prima cosa guardo il cielo e controllo che il sole non sia divenuto nero.
Questa volta, per sempre.
31 Febbraio
Mio figlio non c’è più. I miei capelli sono bianchi. Non riconosco più nessuno, tra gli altri bevitori intorno a me.
Continuerò a scrivere finché le mie mani me lo permetteranno e finché avrò sangue da utilizzare come inchiostro.
Questi fogli non serviranno a nessuno, ne sono certa. E allora perché li sto scrivendo?
Forse perché scrivere, raccontare, sperare in un futuro, è parte della natura umana.
Io, Chaia Mani-lisce, sono l’umana più umana rimasta su questa palla di fango.
Meglio di quelle bestie la fuori, meglio di questi insetti qui dentro.
Lo sarò ancora per poco.
Ho visto la vera natura della Madre delle Acque Nere. Non è un meteorite, ma un mezzo di trasporto.
No, non una barca o uno di quei vecchi macchinari a gasolio, neanche roba lontanamente simile.
Io so che è un vettore per trasportare una coscienza.
E so anche un’altra cosa – era solamente un araldo.
Gli altri stanno arrivando.
E se durante il primo impatto, la polvere si è alzata e ha reso il sole nero per anni, cosa accadrà quando le centinaia di altri sé stesso giungeranno?
Ogni volta che c’è una fine, qualcosa di diverso nasce. Come le antiche lucertole del passato, che ho visto nei sogni.
Assistere a una fine è un po’ come assistere a un inizio.
Sto sorridendo, perché mi sento fortunata.
Non ricorderò il volto dei miei figli, quando accadrà.