
Il brusio si mescola agli scricchiolii delle pedane e dei banchi di legno.
Io siedo con la valigetta sulle gambe.
Il mio vicino ha le gambe accavallate, dondola un piede e mostra un calzino marrone sotto i pantaloni troppo corti.
Sulla parete in fondo all’aula anfiteatro cala un grande foglio bianco.
Ci siamo. La carta aspetta uno di noi.
Il foglio vibra e la vibrazione diventa un nome. – Alael!
Sospiro. Nella prima fila in basso si alza una guerriera con capelli color rame, raccolti di lato a mostrare le orecchie a punta. Un’altra elfa che con passo sinuoso raggiunge il foglio, lo tocca e svanisce.
La carta è fitta di scrittura ora, con un fruscio si piega e scompare.
Le chiacchiere ricominciano fra i banchi pieni.
– Cliché! – il mio vicino grugnisce e incrocia le braccia. – Non avremo mai spazio finché ci saranno.
Un altro foglio cala giù. Trattengo il fiato, potrei essere io a riempirlo.
La voce ci raggiunge. – Falco Palmieri.
Seconda fila, un ragazzo dalle spalle magre e la maglietta nera, si alza e volta la testa, i suoi occhi scavati scorrono su di noi.
Il vicino mi dà di gomito e grugnisce. – Sicuro con quell’aria tormentata finirà in un bel mainstream.
Mi alzo con la valigetta stretta in pugno. – Mi sono stufato di essere ignorato.
Scavalco il vicino. Le pedane gemono sotto i miei passi, scendo lungo il corridoio. Corro, raggiungo Falco Palmieri e lo colpisco con la valigia mandandolo a ruzzolare contro un nano e un tipo con un trench scuro e il panama. Un altro investigatore?
Il mio vicino è sceso giù e mi ha raggiunto. – Ma che fai? Non ha chiamato te.
Mi guardano tutti. L’investigatore sta sorreggendo il mingherlino che ho urtato.
Allungo una mano verso il grande foglio senza toccarlo. – Ho diritto anche io a una storia, andrò a prendermi la mia occasione.
Do le spalle a tutte le idee e gli occhi mi si colmano di bianco. Dietro di me rombano passi e voci.
– Bravo!
– Ha ragione.
– Siamo stufi di farci passare avanti.
– Oggi dieci belli tenebrosi!
Tocco il foglio e una nube di inchiostro mi avvolge.