Stasera il Cecco non c’ha voglia di latte

Secondo classificato nella 148° edizione del contest principale dell’Arena di Minuti Contati, un racconto di Andrea Lauro scritto sul tema “L’unica verità duratura è il cambiamento”.

 
Calcio fuori il cavalletto, il Booster si appoggia su un quadrello in cemento del parcheggio. Il distributore di latte fresco ronza e illumina la notte, file di bottiglie in plastica pronte per essere riempite. Sono già le undici, di Cecco e Tyson nessuna traccia. Io mica li aspetto, la tradizione è tradizione. Dal portaspicci cavo due euri e li infilo nella fessura. Tintinnio, seleziono e la spirale mi porta avanti la bottiglia, la fa cadere. Piccoli gesti che allineano i pensieri. Cecco attraversa la strada a piedi, era ora, quelli che abitano vicino son sempre in ritardo.
Infilo la bottiglia sotto il rubinetto. «Ti davo per disperso.»
Rumore di ingranaggi, il latte inizia a scendere.
Cecco infila le mani nel giubbotto.
Mi si ghiacciano le dita. «Mbe’? Che hai?»
Calcia un sasso.
«I tuoi t’han cazziato?»
Annuisce.
Il distributore fischia, la bottiglia è piena. «Mandali a fanculo. Che vogliono da te?»
Cecco sfila le mani di tasca, si sfrega un braccio. «Non hanno tutti i torti. Se continuo così, quest’anno mi segano.»
«Ma figurati, tu sei un genio.» Rispetto a me e Tyson di sicuro. Indico il distributore. «Tu niente?»
«No, stasera no. Tyson?»
«Ormai dovrebbe essere qui.» Bevo un sorso. Cazzo, è gelato.
Cecco inspira. «Senti, io questa cosa non posso più farla.»
Sto per chiudere la bottiglia, mi fermo col gomito a mezz’aria. «Che cosa, bere il latte?»
«No, tutto questo. Trovarci nel parcheggio, andare in giro a fare gli scemi.»
Sogghigno, avvito il tappo. «Cazzaro che sei! Ci stavo cascando.»
Rimette le mani in tasca, china la testa.
Mi appoggio al Booster. «Quando arriva Tyson, gliela dici così. Ti tengo la parte.»
«Non sto scherzando.»
«Vedrai come si incazza!»
«Non sto scherzando!» Si morde il labbro. «Non posso più. Almeno fino alla maturità.»
Stringo la bottiglia. «E lo dici così? E noi che cazzo facciamo?»
Cecco passa una mano sui jeans. «Io… ecco. Pensavo che è solo per questi due mesi. Possiamo comunque vederci…»
«Quando?»
«Di pomeriggio. Durante la settimana.»
Non ci siamo. «Guarda che io lavoro, coglione. Secondo te smonto di turno, e ho ancora le forze?»
«Ci proviamo, no?»
Lancio la bottiglia. Finisce contro un palo, il colpo di una mazzetta su un banco da lavoro. Il tappo esplode, un fiotto bianco si riversa su una Citroen parcheggiata.
Lui fa un passo indietro. «Ma che cazzo—»
«Tu non capisci, vero? Se te ne vai, non ci si vede più. Oggi smetti per la maturità. Domani per la cazzo di università.» Do un calcio al distributore, rumore di lamiera. «O mi sfugge qualcosa?»
«Tu… non puoi saperlo.»
«No, caro. Sei tu che—»
Dalla curva svolta la Civic di Tyson, accelera a canna. Ecco, giusto in tempo. I fari ci illuminano, inchioda. Dai finestrini arrivano gli Eiffel 65, I’m blue dabadì-dabudà.
Gli faccio segno di abbassare, dobbiamo parlare.
Cecco fa due passi indietro, si appoggia al distributore. Tyson infila la mano sotto il volante, la Civic si spegne e nel parcheggio torna il silenzio. Il gomito esce dal finestrino aperto, il tatuaggio bello in vista sul bicipite. Si gratta il naso squadrato. «Beh?»
Dal giubbotto tiro fuori il pacchetto di sigarette, meglio farsi una paglia. «Il signorino deve dirti qualcosa.»
Cecco sta zitto, c’ha strizza.
Ne sfilo una, prendo l’accendino. «No, eh? Cecco dice che non gira più con noi. Che deve studiare.»
Tyson si prende il labbro e lo tira. Ha ripetuto la terza media due volte, prima di essere buttato fuori a calci.
Accendo la paglia, espiro, sale fumo grigio. Godiamoci la scena.
Tyson molla il labbro, gli fa segno. «Ehi. Vieni qui.»
Quello si fa avanti con le mani in tasca, trascina i piedi, il jeans si riflette nella portiera. Tyson è tutto, per noi.
«Cecco. Promettimi che non fai stronzate. Che studi e non ti fai segare.»
Cosa?
Cecco sbarra gli occhi, sorride, si appoggia alla capote.
«Ehi. Sono stato chiaro?»
«Certo, Tyson. Promesso.»
«Bravo. Ci si vede in giro?»
Cecco batte sulla capote, si raddrizza. Viene verso di me, mi tende la mano. «Senti, io…»
Incrocio le braccia. «Dai, levati dalle palle.»
Inspira, annuisce, si incammina verso casa. I fari della Civic gli illuminano le Nike.
Tyson mi fissa, il gomito sulla portiera. «Beh, che fai? Sali.»
Giro la sigaretta tra le dita, la lancio tra le ombre del parcheggio. Scuoto la testa.
Al diavolo, proviamoci.