Storie

«Ma l’ambizione del Despota non aveva limiti. Per ogni pezzo d’oro che entrava nei suoi forzieri, ne agognava altri dieci. E mentre a centinaia morivano nelle miniere, lui festeggiava fra le mura della sua villa.»
Faccio una pausa. Questa è la mia parte preferita. Il mio pubblico, ammucchiato in semicerchio sul pavimento, attende il seguito.
«E poi?» Uno scricciolo si sporge verso di me. La candela illumina il viso polveroso, solcato da un filo di moccio. «Cos’è successo?»
Mi raddrizzo sulla sedia. Le mie vecchie ossa non trovano pace.
«Cosa mai poteva succedere? Può un uomo, per quanto potente, calpestare la dignità di un popolo intero?»
Bocche aperte, occhi spalancati.
«Fu un certo Tom a dare inizio a tutto. Durante una parata, una di quelle che il Despota amava organizzare, Tom osò lanciargli una pietra!»
Mormorii eccitati.
«Una pietra grande e grossa, proprio verso il baldacchino del Despota. Non lo colpì, ma bastò il gesto. Un affronto del genere sarebbe stato senza dubbio punito con la morte. E invece, in un batter d’occhio, le pietre divennero due, poi cinque, poi fu impossibile contarle. E il Despota dovette darsi alla fuga, con tutta la sua scorta, mentre la folla inferocita lo —»
«Basta così!» Mama Joe irrompe nella stanza.
«No…» Il più audace dei bambini prova a protestare. Un calcio nel fianco lo rimette al suo posto.
«Ho detto basta. Tutti a dormire, che domattina dovete lavorare.» Si volta verso di me. «E tu, te l’ho già detto, smettila di riempir loro la testa di scemenze.»
Mi alzo in piedi, le ossa scricchiolano.
«Hai ragione, Mama Joe, tolgo il disturbo.»
Due bambine mi fissano affrante, ma non aprono bocca.
Mi chiudo la porta alla spalle, la notte è buia e fredda. Il vento porta musica, c’è festa nella villa del Generale. Come sempre.
La piazza grande è deserta. Proprio qui, quel giorno, il povero Tom fu catturato e scannato, senza che nessuno osasse ribellarsi.
L’avessimo fatto. L’avessimo fatto davvero. Forse ora non dovremmo cercare rifugio nelle storie.