Timbuctù sta lassù

Tutti in viaggio con Timbuctù e la sua mongolfiera piena di sogni perduti! Direttamente dal Laboratorio di Minuti Contati, un racconto di Lorenzo Diddi.

 
Timbuctù era un bambino e viveva da solo su una mongolfiera. Non un qualunque pallone pieno d’aria, ma una mongolfiera speciale, capace di diventare microscopica eppure di essere notata ovunque essa capitasse.
Quando Timbuctù decideva di sostare su una stella, inventata sul momento, recuperava, da una scatolina inesistente, un nastro rosso e lo usava come esca per attrarre sogni.
Questo piccolo oggetto lo aveva trovato proprio su una delle milleuno stelle del suo piccolo pezzo di cielo: lo affascinava e lo aveva nascosto nella scatolina inesistente per proteggerlo dalla realtà. Era convinto che un giorno gli avrebbe permesso di ancorare la sua mongolfiera su una stella turchese che spesso faceva visita ai suoi pensieri ma che egli amava immaginare senza convinzione.
Il nastro rosso era fatto da minuscoli pezzettini di seta rossa come il vento che lassù, nel cielo, scorreva veloce e quando incontrava la mongolfiera salutava Timbuctù suonando la fisarmonica.
I pezzettini di seta erano uniti tra loro da tanti orologi di varie dimensioni capaci di fermare ogni tipo di sogno.
Un giorno, il vento si travestì da acquarellista e compose sulla sua tela una grande e impetuosa tormenta che tinse il cielo di milleuno colori così, questi, si mischiarono con le milleuno stelle; inoltre condusse la mongolfiera proprio su quella stella turchese.
Meravigliati da quella visita inaspettata tutti i bambini che popolavano quel luogo inaccessibile accolsero Timbuctù spargendo cristalli cobalto e chiedendogli di raccontare loro milleuno sogni perché un malvagio campanaro, tenendoli sempre svegli, li aveva privati di quel piacere.
Il viaggiatore del cielo si fece triste perché mai avrebbe pensato che quei piccoli abitanti non avessero storie da narrare a chi faceva loro visita. «Dove siamo?» gridò Timbuctù, «Sulla stella turchese» risposero i bambini, «Impossibile» esclamò l’esploratore smarrito.
Quando disse loro di raggiungerlo sulla sua casa volante che, oramai in mille pezzi, si era accasciata su di un lato della stella turchese, i bambini, eccitati dalla novità, senza indugio si precipitarono a seguirlo. «Che bella la tua dimora così colorata» esclamarono quei piccoli esseri curiosi «Povero me, la mia mongolfiera è ridotta in milleuno pezzi più colorati che mai» disse Timbuctù.
A un tratto il bambino del cielo si accorse di non vedere la scatolina inesistente e fu soltanto allora che capì che tutte le immagini che era solito catturare, di stella in stella, non erano altro che i sogni di quei piccoli abitanti.
Provò, quindi, a chiedere a ciascuno di quei bambini di ridare vita alla loro fantasia: «Avete mai visto una zucca a forma di lenticchia? Un quadrato a forma di ottagono?».
Ecco che quelle piccole creature iniziarono a fantasticare figure impossibili dando sfogo alla loro immaginazione: qualcuno pensò stelle a forma di lune, altri tamburi a forma di clarinetti, qualcuno persino sé stesso travestito da lente di ingrandimento.
Tutti quanti invitarono Timbuctù, che nel frattempo si divertiva a dirigere quella ingestibile orchestra colorata, a fare altrettanto.
Solo quando anche il bambino della mongolfiera iniziò a liberare i suoi sogni ecco che si scatenò una seconda tormenta che creò vortici cromatici diretti da quel campanaro che, nel frattempo, era riapparso balzando fuori proprio dal sogno di Timbuctù.
Al termine di quei giochi di colore, apparve il nastro rosso in tutto il suo splendore e, con quello, anche la scatolina inesistente.
I bambini si stupirono dalla bellezza di quella figura e non seppero attribuirle una forma.
Il nastro rosso si fece grande come mai era stato, si arricchì di sfumature che tinsero, nuovamente, il cielo e il vento acquarellista si dette alla musica. Gli orologi, che incatenavano i sogni che un tempo appartenevano a tutti quei bambini, compresi quelli di Timbuctù, si spezzarono, liberandoli.
Grandi festeggiamenti ci furono quella sera sulla stella turchese, ormai variopinta, e tante storie furono raccontate, ma di Timbuctù e della sua mongolfiera non vi fu traccia alcuna. Infatti, dopo che ebbe liberato il suo ultimo sogno dalla propria mente, la cui forma ricordava quella di una clessidra ma da dove il tempo era scappato, il bambino scomparve.
L’ultima immagine che i piccoli abitanti videro fu quella del campanaro che si allontanava, dalla loro stella, con la mongolfiera dall’involucro color del cielo.
Il nastro rosso aveva assunto le sembianze di un fiume il cui percorso variava ogni istante e che produceva sogni di ogni tipo e ai tanti bambini piaceva pensare che prima o poi, da quell’oggetto magico, sarebbe spuntato Timbuctù, che viaggiava da solo alla ricerca di immagini che, però, non riusciva ad ascoltare.