Tra i miei capelli

Un ricordo senza cui il vivere non può avere lo stesso sapore. Sesto classificato nella 113° Edizione di Minuti Contati con Federico Guerri come guest star, un racconto di Vilma Cretti.

 
Quando mi sveglio sono in un bagno di sudore. È appena mezzanotte e mi vengono incontro mille pensieri. Ho sognato papà. Me lo sono sentito vicino come non mi capitava da tanto. Forse è normale, questa è la mia ultima notte da single e un po’ d’agitazione è di rito. Mi alzo per farmi una camomilla facendo meno rumore possibile perché non ho voglia di parlare con mia madre che è venuta a dormire da me per stanotte. Sono inquieta, giro lentamente per casa finché mi trovo davanti alla mia vecchia cassettiera. Di colpo capisco cosa mi manca, so cosa cercare.
Fa parte della mia vita da sempre, e ora più che mai ne ho bisogno. Ma dove caspita è finito? Era tra le pagine del mio libro preferito, in un angolo del cassetto, ma dev’essersi perso da qualche parte. Riprovo a sfogliare le pagine, mi prende un po’ d’agitazione, continuo a rovistare, poi qualcosa scivola leggero tra le mie dita. Eccolo.
 
È un ricordo di quelli che si tatuano sul cuore. Sono io appena un passo dentro la scuola materna e mio padre che mi sta di fronte coi capelli un po’ arricciati perché fuori piove. Si china all’altezza del viso per salutarmi e porta la treccia che oscilla dietro la mia schiena sopra la spalla, poi sfiora il fiocco rosso del nastro che la chiude e tenta ancora una volta di raddrizzarlo, ma non c’è verso. Sorrido.
«Non fa niente, papà.»
«Mmm… devo fare pratica.» Poi mi dà un bacio e se ne va. L’avrei fermato se avessi saputo che era l’ultimo, glielo avrei riempito io il viso di baci, non gli avrei più staccato le braccia dal collo e prima che se ne andasse avrei sciolto il nastro perché lo tenesse con sè, come portafortuna, perché non gli capitasse niente di male, come cadere da un’impalcatura.
 
L’ho nascosto sotto il cuscino quel nastro e quando al mattino ho scoperto che il fiocco si era sciolto ho preso a pugni la federa con Biancaneve che mi guardava, un colpo dopo l’altro, senza capire. Neanche la mamma ha mai capito perché avevo voglia di tirare pugni invece di piangere.
 
Si è un po’ schiarito col tempo, ma è stato sotto il mio cuscino per anni. È l’ultima cosa che lui ha tenuto tra le dita e non sono mai riuscita a separarmene. Domani sposo Marco e so di essere fortunata, ma ho bisogno lo stesso di seguire il mio istinto.
 
«È sbiaditello… è la cosa prestata?» Jenny rigira tra le mani il nastro rosso e mi guarda poco convinta. Io sto per spiegarle, ma prima di riuscire ad aprire la bocca gli occhi mi si riempiono di lacrime.
Senza più fare domande la mia amica e parrucchiera accetta di infilarlo nell’acconciatura, intrecciato a quello bianco e alle rose rosse che porterò sulla nuca. Zio Alberto mi accompagna all’altare, ma è come se ci fosse anche lui, mio padre. E il suo nastro è di nuovo tra i miei capelli.