
Leo è chino sul foglio. Mi avvicino un po’ per guardarlo. La matita punta nell’angolo in alto a destra e si muove con tratti veloci di spessori diversi, sembrano solo linee. Diventeranno qualcosa però.
Leo si succhia il labbro. «Mmmmmmm»
Una lunga nasale. Cosa significa? Nervoso? Stanco? Ho promesso di non chiamare Elisa. Ha diritto a una serata con le amiche, però un paio di messaggi…
Il polso di Leo oscilla con la matita e nuovi tratti si aggiungono agli altri. Il contorno della finestra, quello del tavolo della cucina dove siamo seduti.
Prendo il telefono dalla tasca e lo sblocco. Il disegno prende forma e io sarò ancora uno spazio vuoto.
“Non passi mai tempo con lui è per questo che non ti disegna.” E quindi ecco l’idea di lasciarci soli. Da quanto tempo non succede eh?
«Mmmmmmm.»
La nasale si allunga e si stoppa.
Mi sporgo sopra la sua spalla, vorrei mettergli una mano sulla nuca, lì all’attaccatura dei capelli, come faceva mio padre con me, e dargli una carezza. Ma non si può toccare Leo. Elisa lo fa, sì, ma io sono lo spazio vuoto…
O no?
Eccomi! Barcollo e mi appoggio al tavolo, ingoio un singulto. Ci siamo noi due nel disegno, un ragazzo magro e con le labbra schiuse, chino su un foglio, e un uomo senza capelli che si sporge sopra di lui senza toccarlo.
Leo sta rappresentando noi due, adesso.
La matita rallenta, picchietta. Mi sporgo ancora di più. Il quadrato più piccolo che è l’immagine del foglio si riempie di sagome, le silhouette di un uomo e un ragazzo ripetute nel ritratto del ritratto.
Gli occhi mi pizzicano, infilo il telefono nella tasca. Ci sono anche io, lui lo sa allora.
Leo dondola un po’, ruota la testa e afferra dal tavolo il raccoglitore con le immagini che usa a scuola.
«Siamo noi due?» Che domanda imbecille.
Leo alza la testa i suoi occhi vibrano, fanno un passaggio veloce da destra a sinistra.
«Certo che siamo noi. Tu e io.» Sorrido, i suoi occhi viaggiano ancora. «Sei bravissimo, straordinario. Lo dicono sempre tutti.»
Sto toccando il telefono nella tasca, potrei scattare una foto al foglio e mandarla a Elisa, per condividere il momento. Ci sono anche io nel disegno.
Leo abbandona il raccoglitore aperto, afferra un altro foglio e scansa quello che ha terminato. Strizza gli occhi e punta con la matita l’angolo in alto a destra.
Ricomincia. I tratti lunghi e leggeri si sovrappongono seguendo una sequenza solo sua. Alla fine nasce un’immagine perfetta. Il dottore dice che lui comunica così.
Vicino al suo gomito il raccoglitore pieno di immagini è aperto alla pagina del cibo.
Mi sono mai fermato a sfogliarlo? La mano libera di Leo piomba sulla pagina, lui non si gira, l’indice però indica un piatto di pasta.
Il disegno che sta finendo ora ha contorni riconoscibili, è come quello di prima e ci sono io di nuovo.
Sto sorridendo come un cretino. Mi stringo nelle spalle. Sono un cretino davvero in realtà, Elisa aveva ragione.
«Carbonara?»
Leo ruota gli occhi e un angolo della bocca si solleva. Gli piace l’idea mi sa. Tutto suo padre, insomma.