
«Vai a farti fottere, impotente!»
Vania si sbatté alla spalle lo sportello della berlina, mentre le gomme slittavano già sull’asfalto.
Per poco il coglione non la trascinò con sé.
Idiota!
Si era rotta di fare la psicologa. A quarant’anni le toccavano solo i rifiuti: ipersensibili, eiaculatori precoci e bambini col cordone ombelicale ancora ciondolante dalla vagina di mamma.
Dove erano finiti gli uomini? Dove quelli ancora in grado di ispirare sicurezza, anziché cercarne in lei?
Beh, probabilmente gli ultimi erano già tutti presi!
Si incamminò verso il portone di casa, cercando di cancellare la sensazione del pendaglio di carne del tipo che le si scioglieva semimorto in bocca.
Che schifo!
Salì le scale a due a due, con una gran rabbia addosso.
Voleva solo farsi un bagno.
Vitadimmerda!
Girò la chiave nella toppa e rimase sorpresa che non ci fossero mandate.
Che cretina!
Di sicuro era così emozionata da quella nuova avventura appena naufragata, che era uscita di casa senza chiudere a chiave.
Aprì uno spiraglio minimo e si infilò di profilo per paura che Zorro se ne scappasse per le scale. Se c’era una cosa che non aveva voglia di fare era mettersi a inseguire il suo gatto su e giù per il palazzo, a quell’ora della notte.
Una volta dentro, si richiuse rapida la porta alle spalle.
Strano, del piccolo mostro nemmeno l’ombra. Si era strafogato di croccantini e adesso aveva il sonno così pesante da non essersi accorto del suo ritorno?
«Zorro, mammina è a casa!»
Niente.
Le salì alla gola un nodo di apprensione e corse in cucina per controllare cosa fosse successo. Si immaginava di trovare il micio morto per sovralimentazione o affogato nel proprio vomito come una star degli anni Ottanta.
La cuccia, invece, era vuota.
Fu in quell’istante che risuonò la voce di Augusto dei Nomadi per tutta casa.
Ti baciava le labbra e io di rabbia morivo già
Ti baciava le labbra e un pugno di sabbia negli occhi miei
Com’era iniziata, la musica si interruppe secca.
C’era qualcuno in casa?
Vania sentì il cuore battere sotto il mento e lo stomaco strizzarsi in una morsa.
«Chi c’è?»
La voce quasi non le usciva, mentre tornava verso l’ingresso.
«Zorro…»
Mantenendo i sensi tesi si muoveva in direzione dell’unica via d’uscita, rimanendo nel silenzio più assoluto.
La distorsione del disco che ricominciava a suonare la fece strillare.
Ti baciava le labbra e io di rabbia morivo già
Ti baciava le labbra e un pugno di sabbia negli occhi miei
Ancora una volta seguì il silenzio, mentre il cadavere di Zorro le veniva sbattuto sul naso, da una mano guantata che era spuntata all’improvviso dall’ingresso del bagno.
Il dolore le fece chiudere gli occhi e il fazzoletto che subito dopo sentì sulla bocca, la fece scivolare nel buio.
* ** * ** *
Quando riaprì gli occhi era legata al letto di camera sua.
Un uomo sui quarant’anni, occhialetti rotondi da ragioniere, stempiato e panciuto la osservava dal fondo dei suoi piedi.
Provò a urlare e si accorse di avere la bocca piena di stoffa e un bavaglio ben stretto che non consentiva all’aria di uscire.
La musica di prima continuava a essere udibile in un basso sottofondo.
«Ti ricordi di me?»
Vania scosse la testa.
«Eravamo giovani, quante volte l’abbiamo ballata insieme? Se non ti fossi messa a fare la stupida con Sergio, adesso saremmo sposati! Avremmo due bambini: un maschio e una femmina».
La donna si ricordò di un bellissimo ragazzo nell’estate del 1970, con cui aveva avuto una storia fatta di baci e di tenerezze.
Se n’era andato presto dal campeggio e lei era passata subito a un altro.
Possibile che fosse il ragioniere stempiato che le stava dinanzi?
Non fece in tempo a mettere in ordine i pensieri, che il tizio panciuto le si sdraiò a fianco, abbracciandola.
«Ora, staremo sempre insieme!»
Vania sentì forte l’odore del gas.
La voce di Augusto riempì nuovamente l’aria.
Che sapore c’è
Ritornar con te
Ho nel cuore l’amore insieme a te
Ma con gli occhi rivedo ancora lui
Con teeee
All’acuto del maestro, seguì l’esplosione.