Un sorso di dignità

Il vecchio Falletti apre il cassetto. Avvicina la lampada a olio ed estrae la scatola di latta. È leggera, terribilmente leggera nelle mani pesanti.
La pioggia cade pesante fuori dalla finestra, dietro alla tenda.
Appoggia la scatola sulla scrivania, la apre ed estrae il libro mastro, una mazzetta di banconote e un sacchetto di scudi. E il boccettino. Lo appoggia lontano nell’angolo del tavolo.
Conta le banconote, gli scudi e annota il conto sul registro con grafia precisa.
Gli basteranno per coprire le spese del mese. Per pagare gli stipendi dei suoi dipendenti, saldare i debiti del banco, pagare i fornitori. Pagherà puntuale come hanno sempre pagato puntuali suo padre e suo nonno. Nessuno avrai mai da ridire sull’onestà della famiglia Falletti.
Divide le banconote in buste, aggiungendo delle monete dove serve. Su ogni busta scrive il nome della persona o della banca a cui è destinata. Da mesi le buste per le banche diventavano più pesanti, come un peso legato in vita.
Impila le buste e le rimette nella scatola di latta. Le cercheranno lì, dove l’hanno visto prenderle ogni mese da decenni; non dovranno fare alcuna fatica per regolare i suoi conti. Vorrebbe essere lui di persona ad aprire il banco il giorno successivo, il primo giorno del mese, come ogni mese da più di vent’anni. Ma con quale coraggio salutare chi viene a riscuotere, scambiare una battuta con i lavoratori, con gli amici, con le persone che hanno diviso gioie e passioni con lui?
La pioggia diventa intensa, violenta, le finestre vibrano.
Il vecchio afferra il boccettino e lo avvicina a sé facendolo raschiare sul legno. Pesa troppo per sollevarlo.
Suo nonno l’ha messo nella scatola, molti anni prima. Cedendo il controllo dell’attività ha spiegato al figlio a cosa serviva. Era un monito, ma era anche una promessa. Era una soluzione, ma una soluzione da non prendere alla leggera. Il boccettino era prima di ogni cosa dignità. Era la dignità della famiglia Falletti, che non si era mai piegata e non si sarebbe piegata mai.
Suo padre aveva spiegato il boccettino con le stesse parole che aveva udito ricevendolo. Un giorno il vecchio sperava di poter fare altrettanto con suo figlio, perché capisse quanto era serio e importante il loro ruolo, il loro nome.
Il vecchio prende l’ultimo scudo tra le dita. L’ultimo scudo non impegnato, l’ultima cifra nera sul registro: avrebbe pagato anche il suo viaggio.
Spezza con l’unghia la cera che sigilla il boccettino, spinge il tappo di sughero che rotola in un arco sulle pagine del libro mastro. La lampada a olio inizia a baluginare, l’ultimo olio sfrigola sullo stoppino.
Piega la testa all’indietro e rovescia il flacone nella bocca aperta.
È vuoto. Secco.
La pioggia si fa leggera, l’acqua gorgoglia giù dai tetti.
Il vecchio Falletti piange, quando la luce si spegne.