
Le carrozze arrivarono tutte insieme, il fasto era degno dell’Imperatore di Francia. Il cielo di luglio era sgombro e il sole brillava scaldando l’aria.
Napoleone scese dal suo cocchio e si lisciò la marsina. Un uomo gli si fece incontro sorridente, mentre altri nobili parlottavano e ridevano pronti per unirsi al loro sovrano. I cortigiani stavano caricando i fucili e allestendo le tende per il banchetto che si sarebbe tenuto quando il sovrano sarebbe stato soddisfatto delle prede catturate.
«Generale Berthier, avete preparato tutto?» chiese l’imperatore.
«Certo, Maestà!» rispose il generale. «Troverà la caccia degna della sua vittoria contro i Russi e i Prussiani.»
«Eccellente!» commentò Napoleone.
«Ora, Maestà, se mi volete seguire, ci spostiamo verso la zona della battuta» continuò Berthier con un inchino che gli fece quasi toccare la fronte a terra. Aveva impiegato tutti i suoi uomini per raccogliere almeno tremila conigli dalle fattorie vicine, niente sarebbe andato storto.
Il generale fece un cenno. I conigli vennero liberati: Napoleone e gli altri nobili risero, vedendo quel tappeto bianco che si fece loro incontro.
Il sorriso però si tramutò in sorpresa, quando quelle creaturine, affamate dopo giorni nelle gabbie a digiuno, sciamarono sui presenti. Napoleone sparò, ma quella muta inferocita si era ormai fatta incontro, saltando e mordendo con una crudeltà sorprendete per degli animali così innocenti.
«Ritirata!» gridò Napoleone e scappò, come un coniglio, senza vittoria.