Il Cavaliere Oscuro

Manuel e Mimì, il Cavaliere Oscuro contro Frankenstein, una sfida che ogni anno si rinnova fino al termine del tempo dei giochi, domani oppure mai. Selezionato durante l’Ottava Edizione della Quinta Era con Alessandro Forlani come guest star, un racconto di Canadria.

 
Manuel si strinse in vita la corda di spugna e saltò giù dalla base per correre all’attacco.
I capelli ancora bagnati già disegnavano le curve dei suoi ricci crespi. Si districò a piedi scalzi dal sentiero più esposto e corse lungo il passaggio conosciuto lasciando impronte evidenti.
Giunto alla postazione di vedetta, si acquattò dietro un angolo di muro e osservò, poco distante, il campo prescelto per la battaglia: ancora nulla all’orizzonte.
Asciugò la fronte madida e tentò di ridurre al minimo il tempo di chiusura delle palpebre tra un battito di ciglia e l’altro.
 
«Aaaaaaah!»
 
Un urlo iracondo tuonò poco dietro di lui.
Manuel trasalì, non aveva considerato altre presenze nel passaggio dalla base alla postazione di vedetta. Doveva nascondersi meglio, e alla svelta.
Agganciò meglio ai fianchi la corda di spugna verde, si sdraiò per terra e strisciò fino a un cassone in legno.
 
«Dove sei?»
 
La voce irruppe ancora. Manuel rabbrividì ma non si mosse, gli occhi fissi sulla preda che finalmente dava segno di sé.
Da più di un anno attendeva il ritorno alle armi.
 
«Hai bagnato ovunque! Vieni ad asciugarti!»
 
La madre lo afferrò dalla cinta di spugna, lo sistemò in piedi sulla panca di legno accanto alla finestra e prese ad asciugarlo con vigore.
Manuel osservò Mimì già pronto in cortile: era verde come Frankenstein ed un chiodo gli perforava le tempie. Da un polso gli pendeva una catena di gomma, con l’altra mano reggeva gli odiosissimi coriandoli.
Non lo temeva. Alzò le braccia e si preparò al rituale della vestizione.
 
«E questo cos’è?»
«Ti ho preso un nuovo travestimento, almeno quest’anno cambiamo!»
 
Un brivido gli corse lungo la schiena: era Pippo, l’amico di Topolino.
Era certo che Mimì lo stesse guardando ma, da vero eroe, non si scompose.
 
«Mamma,» disse soltanto «rivoglio le mie ali nere, il mio mantello.»
 
Il tono fu così greve e deciso che non lasciò spazio a ribattute. Manuel alzò le braccia e i vestiti da battaglia calzarono nuovamente a pennello sul suo esile corpo da seienne.
 
Il mostro verde con il chiodo alle tempie diceva di non temere niente e nessuno.
Eppure, quando il Cavaliere Oscuro scese in cortile, tutti avrebbero giurato di aver visto le sue ginocchia tremare.
 

La chiave della felicità è la disobbedienza in sé a quello che non c’è