
Un viaggio nell’incubo della Luna Nera. Secondo classificato nel Camaleonte dedicato a Valerio Evangelisti, un racconto di Roberto Romanelli.
Credevamo che il peggio fosse finito dopo le bombe, la violenza e la paura. Credevamo che le nubi che oscurarono i cieli per anni fossero la giusta punizione. Quando alla fine il grigio si aprì e rivedemmo il sole i bambini cominciarono a ridere. Fu il sorgere della luna a farli piangere.
«Fermati, è pericoloso.»
Chiara si fermò dopo un paio di passi. Era stanca e l’ordine ci aveva messo un po’ a essere elaborato. Si guardò intorno, in cerca della fonte del pericolo, ma quello che vedeva erano solo i vecchi binari della ferrovia e una distesa brulla in cui cespugli di aghi duri come ferro bucavano il terreno.
Un gorgoglio dietro di lei e un ombra la superò latrando. Pochi secondi e l’odore della sua scia le colpì le narici. Fissò il punto dove l’animale si era fermato. Non abbastanza lontano da nascondere l’orrore di quella bestia che una volta era stata un cane. Il suo cane.
Le zampe posteriori erano ridotte a due moncherini al ginocchio, mentre i muscoli di quelle anteriori erano ipertrofici, ricoperti da spesse vene pulsanti. Prese a scavare il terreno vicino ai binari, gettando dietro di sé pietre e schegge di legno. Alla fine infilò il muso sotto al metallo e strappò via un insetto chitinoso grosso metà di lui. Affondò i denti mutati nella corazza e prese a masticare incurante delle chele che gli frustavano il collo, gli occhi e le orecchie.
Chiara fissava attonita quell’orrore, quasi non si accorse del tocco della bambina che le afferrava un lembo della camicia.
Si girò di scatto e scacciò la piccola mano da sé. Un gorgoglio e tornò a rifugiarsi dietro a Valerio che guardava oltre di lei, verso il punto dove il cane stava finendo il suo lavoro.
«Dove mi stai portando?» chiese esausta accarezzando la pancia di cinque mesi «Sono stanca.»
Valerio portò lo sguardo su di lei. Gli occhi di cui un tempo si era innamorata la guardavano con la stessa intensità data allo spettacolo poco distante. Un evento come tanti.
«Al centro. Partorirai lì nostro figlio.»
«Non è tuo figlio!» Chiara esplose «Non dello scempio che sei diventato. Verranno a cercarmi e ti ammazzeranno.»
«No, non lo faranno.» Valerio le parlava senza fretta «O ci avrebbero raggiunto almeno due ore fa.»
Chiara strinse i pugni, fissando l’agglomerato di case attorno alla stazione dietro di loro, sempre più piccolo. Aveva ragione.
«Sei stata abbandonata. Questa è la considerazione che hanno per te. Abbraccia anche tu la Luna Nera.»
«E diventare come voi? Mai!»
«Non capisci. Il mondo è cambiato, devi cambiare con lui. Non c’è più posto per il vecchio paradigma.»
«Sei un mostro!» Il fetore la colpì di nuovo. Il cane era tornato e masticava ancora la corazza del suo trofeo di caccia. Alzò il muso deforme verso di lei, un occhio era tumefatto, ma l’altro la fissava attraverso la pupilla dilatata e la sclera giallastra. Aprì la bocca e lasciò cadere la carcassa ai suoi piedi.
Chiara rivide il suo fedele amico, che aveva condiviso con lei e Valerio gli anni precedenti. Fece per muovere la mano verso di lui. Le mandibole scattarono e di fermarono a pochi centimetri dalle dita.
«Un mostro dici? E tu cosa stavi facendo, volevi accarezzare il vecchio Tobia forse? Se io sono un mostro tu sei una sciocca. Questo mondo ha bisogno di mostri che possano sopravvivere, non di sciocchi senza mani.»
Chiara si girò a riprese a camminare.
«Non ce la faccio più. Sto per svenire dalla fame. Ti prego, fammi almeno riposare.»
Valerio osservò i dintorni. L’unica differenza era il villaggio di partenza, ormai scomparso alla vista.
«Va bene, fermiamoci qui. Riprenderemo domani.»
Chiara si girò a fissarlo. «Come fermiamoci qui?» allargò le braccia esausta «Non c’è nulla qui, tranne questi maledetti binari. Moriremo di freddo durante la notte!»
Valerio era piombato in casa loro all’alba. Non era più rientrato dal giro di esplorazione due settimane prima. Le sembrava di aver passato ogni istante a piangere e tormentarsi. Quando l’aveva rivisto gli era apparso come un angelo. Un angelo che l’aveva trascinata via con la forza.
Non aveva avuto il tempo di prendere niente. Valerio aveva con sé una borraccia d’acqua e gliel’aveva offerta. Lui non aveva bevuto né mangiato.
«La Luna Nera protegge i suoi figli. Non hai nulla da temere.»
«Io non sono figlia di nessuna Luna, Bianca o Nera che sia.»
«Oggi ti bagnerai di Lei. Non ho scelto un giorno a caso per tornare, stanotte sarà luna piena.»
Valerio si sedette per terra, la bambina ne seguì i gesti come un’ombra. Tobia si avvicinò a lei e cominciò a spingere il muso fra i vestiti sporchi.
«Non è ancora tempo» Valerio allontanò con una sberla il cane deforme dalla bambina, che si strinse al braccio dell’uomo gorgogliando.
«Perché…» Chiara deglutì «Perché non parla?»
Valerio riportò lo sguardo su di lei.
«Cosa credi di sapere sulla Luna Nera?»
Chiara pensò a tutte le voci che circolavano nei villaggi. Adoratori del Demonio. Negromanti. Assassini. Rapivano e stupravano le donne per nutrirsi dei neonati. Offrivano sacrifici umani alla Luna Nera.
Voci. Nessuno era mai tornato indietro. Quella era l’unica certezza.
Valerio interpretò il suo silenzio.
«Niente. Così come non ne sapevo niente io. Il padre di Laila» accarezzò la testa della bambina che rispose socchiudendo gli occhi rannicchiandosi più vicina «mi ha trovato in fin di vita la notte in cui mi allontanai dalla solita pista.»
Lo stomaco di Chiara si contrasse.
«Lui è uno degli stregoni della Luna. Valutò, a ragione, che l’unico modo per salvarmi era quello di accogliermi nella loro famiglia. Mi fece bagnare nella Luna Nera. Non era piena e io non ero preparato. Cercò di spiegarmi cosa fare, ma ero debole e non capii tutto. Quando la Luna Nera ti accoglie ti libera dalle catene dell’uomo. Paura, rabbia, dolore, invidia, ansia… Tutto quello che limita l’uomo si specchia nel nero infinito della Luna.»
Valerio chiamò a sé Tobia con un cenno del capo. Il cane si avvicinò artigliando il terreno e sbavando.
«E lo riflette.»
«Cosa…» Chiara non capiva.
«Tutta la mia rabbia, la violenza, l’invidia… Tutto ciò che era male in me è stato riversato in Tobia.»
Chiara fissò il suo vecchio cane, che aveva accompagnato come sempre Valerio durante l’esplorazione.
«Non c’era stato tempo per prepararlo. E questo è il risultato. Ha sofferto più di quanto avrebbe dovuto.»
Chiara chiuse gli occhi cercando di non pensare a quali forze potevano aver trasformato il suo cane in un mostro.
«A quel punto il rito sarebbe dovuto terminare, ma le condizioni non erano ideali. La Luna Nera ha continuato a riflettere il mio ego. E Laila era la più vicina.»
Valerio allontanò Tobia che aveva ripreso a frugare nei vestiti di Laila.
«In lei credo si siano riflessi il mio amore, la paura, l’istinto a proteggere gli altri. Lei era più forte e più preparata di Tobia, ma anche per lei ci sono state conseguenze.»
Se non fosse stata seduta Chiara sarebbe crollata a terra. Le gambe molli.
«E tu vuoi fare questo a me? Vuoi che io faccia questo ad altri? Sei pazzo oltre che un mostro!»
Valerio si protese in avanti e le prese le mani tremanti. Chiara le sentì fredde ed estranee.
«Non hai capito. Non ero pronto. Non è così che funziona di solito. Leila era già stata liberata prima, non aveva subito alcun danno. Con te e il bambino sarà tutto perfetto.»
Chiara si strappò dalla presa di lui e cercò di indietreggiare, trascinandosi all’indietro. Le gambe e la stanchezza la tradirono. Cadde battendo la testa.
Tutto divenne nero.
La luna del nuovo mondo è nera, ma le stelle rischiarano ancora la notte. Valerio aveva acceso un fuoco per riscaldarla. Chiara si sollevò sui gomiti, la testa dolorante. Passò la mano per massaggiarsi e subito la ritrasse quando toccò un grosso livido pulsante.
Nessuna traccia di Valerio, della bambina o di Tobia. Posò le mani sulla pancia trattenendo a forza le lacrime. Forse poteva scappare. Se solo il dolore alla testa non avesse continuato a tormentarla.
Un rumore si fece largo attraverso le fitte. Una specie di risucchio. Chiara cercò con lo sguardo la fonte del rumore.
Tra le ombre proiettate dal fuoco e il chiarore del cielo stellato le sembrò di vedere una massa poco lontano. Verso casa. Si avvicinò piano cercando di fare meno rumore possibile.
Vide.
Laila era sdraiata a terra, le vesti aperte. Valerio e Tobia erano chini su di lei che succhiavano da due dei sei seni che sporgevano dal suo petto.
Il suo stomaco si contrasse e vomitò. Quando si era svegliata non aveva fame. Ricordava benissimo i crampi della fame quando si erano fermati prima del tramonto.
Vomitò di nuovo.
«Questo bambino sarà benedetto dalla Luna Nera. Nascerà libero!»
Valerio le sosteneva il capo mentre Laila e suo padre aiutavano suo figlio a venire al mondo.
Era luna piena.