
Amore e perversione e una trasformazione che enfatizza la seconda a discapito del primo. Finalista nell’Ottava Edizione della Quinta Era con Alessandro Forlani come guest star, un racconto di Giuseppe Gangemi.
«Silvia aspetta!» urlò Achille inseguendola attraverso i vicoli bui di Marano.
«Lasciami stare, non ti voglio, sai di chi sono figlia?» rispose la ragazza raggiungendo il portone di casa.
«So chi è tuo padre e non mi importa, io ti voglio» affermò il ragazzo per poi urlare «ahi» tre secondi dopo: dalla fronte gli scorreva un rivolo di sangue.
Silvia entrò nel palazzo priva di una scarpa e Achille rimase pietrificato: un vecchietto era uscito e gli si avvicinava minaccioso.
«Dimmi un po’, di cosa non ti importa?» disse il vecchio boss dai capelli brizzolati.
«Mi scusi Don Danilo, ha sentito male, ho detto che rispetto molto la vostra famiglia»
«Io ho sentito altro. Uscite ragazzi.»
Dal portone sbucarono tre energumeni.
«Prendete questo fetente e fatelo fuori insieme a quella schifezza ucraina.»
I tre lo circondarono e lo riempirono di botte fino a farlo svenire.
Il giorno dopo Achille si risvegliò legato a un fusto maleodorante.
«Si è risvegliato giusto in tempo il molestatore» disse Gianluca manovrando il timone della barca.
Giuseppe e Giovanni sollevarono il fusto di metallo a cui era legato lo sventurato e lo gettarono in mare.
Achille tratteneva il fiato mentre affondava.
Dal fusto fluiva un liquido viola.
In quell’istante un polpo si attaccò alla fronte del ragazzo.
Le catene furono spezzate.
Silvia camminava felice tra i banchi del mercato: il suo spasimante era cibo radioattivo per pesci.
Poi rabbrividì.
«Silvia aspetta!» urlò Achille.
La ragazza si fermò, si tolse entrambe le scarpe e le scaraventò come granate verso la fronte del ragazzo.
Dalle maniche della giacca del giovane uscirono veloci strane protuberanze che pararono i proiettili per poi ritrarsi subito.
Nessuno a parte Silvia si era accorto in che mostruosità si era trasformato Achille.
La ragazza scappò inorridita.
Achille la seguiva lungo le vie, ma ben presto la sua nuova natura cominciò a ostacolarlo.
Quando era vicino a una donna, il suo potere era ingestibile e sotto la giacca i tentacoli erano sempre più irrequieti.
Decine di culi e dozzine di tette quel giorno furono palpati a Marano. E numerosi tacchi di scarpe segnarono la fronte di un giovane pervertito.
Nonostante il bombardamento non convenzionale Achille stava per raggiungere Silvia.
A quel punto un clacson squillò.
Era il pulmino che trasportava le suore del vicino convento.
Quello fu l’inizio dell’Armageddon.
I tentacoli, sentendo il profumo di tante vergini stagionate, impazzirono.
La giacca di Achille si stracciò.
La gente urlò nel vedere i tentacoli sulla schiena di Achille che frustavano l’aria bramosi. Le protuberanze si allungarono verso il sacro veicolo e vi si attaccarono per sconsacrarlo.
Achille urlava disperato: «Fermatevi, voglio Silvia, non queste vecchie frigide!»
Silvia sospirò vedendo la scena: «Non mi importunerà più.»
Di Achille non si seppe più nulla.
Le suore da quel giorno si videro raramente in paese, ma quelle poche che scendevano avevano tutte il viso bloccato in una paresi che ricordava Teresa d’Ávila in estasi.