Susy

La via di fuga migliore? Semplice, un altro universo. Un racconto di Andrea Viscusi.

 
Si siede di fronte a me ogni giorno, sale sul treno e per qualche motivo prende sempre posto sul sedile davanti al mio, che è sempre libero. Quante probabilità ci sono che tutti i giorni accada la stessa cosa? Troppo poche, perché sia una coincidenza.
Si chiama Susy, lo so perché il nome è ripetuto decine di volte sulla borsa decoupage che si appoggia sulle ginocchia, prima di lanciarmi un’occhiata, una sola, e spostare lo sguardo fuori dal finestrino.
Io allora sollevo il libro di fisica che tengo aperto sulle ginocchia, lo posiziono a pochi centimetri dal naso, fingo di leggere di teoria del tutto ma invece guardo lei. Susy non sa che la guardo, che fisso quegli occhi da gatto certosino e immagino una funzione che descriva la curva del suo naso. Il libro mi spiega cosa sono le stringhe ma io voglio sapere cosa è Susy, e perché è lì ogni giorno.
Non può essere una coincidenza, quindi i casi sono due: o l’universo ha deciso che ci incontriamo o è lei a volerlo. Non ci sono altri scenari possibili, solo questi due. Quindi ho già vinto, so che Susy non potrà che rispondere di sì alla domanda che sto per fare, che tutti i giorni sto per fare ma poi tengo per me.
Giro una pagina del libro di cui ho scorso le parole senza veramente leggerle, balzo da una riga all’altra in cerca di un appiglio e arrivo al paragrafo 12.2.6 SUPERSIMMETRIA.
E quando leggo il suo nome, proprio su quella pagina, quando vedo scritto SUSY (o SUper SYmmetry) capisco che è davvero l’universo a mandarmi dei messaggi.
Non mi serve più nascondermi e allora chiudo il libro ma tengo il segno della pagina con il dito, per non perdere il legame con la SU-SY. Ricerco nella memoria la domanda, quella che volevo farle ogni giorno, e provo a mettere il tutto in una frase:
Ciao, Susy, ciao, volevo sapere, mi chiedevo, se vorresti andare a bere qualcosa, una sera, o anche un pomeriggio, come stasera o oggi pomeriggio, o quando ti fa più comodo, dimmi tu, Susy, grazie.
Si gira solo a metà frase, Susy, forse non ha capito che parlavo con lei e sembra sorpresa di non vedere il libro di fisica che sta sempre in mezzo a noi due. Forse è la prima volta che mi vede davvero, ma se l’universo vuole che ci incontriamo come mi ha dimostrato finora, la risposta può essere solo una.
E la risposta è:
Non so, guarda, penso di no.
Susy pensa di no, e siccome non era previsto che potesse dire una cosa del genere riapro il libro sulle ginocchia e lo uso come pretesto per abbassare lo sguardo, e stavolta leggo davvero qualcosa della supersimmetria.
Mi ci vuole qualche minuto, ma poi capisco, capisco che non ci sono infiniti universi ma solo due, e se qui ci sono io con i miei elettroni e quark e particelle, sono anche da un’altra parte con selettroni e squark e sparticelle, e se Susy qui pensa di no, là invece pensa di sì, e stasera saremo a bere insieme, o forse già oggi pomeriggio.
E siccome so che era quello che volevo, in questo o nell’altro universo, sorrido, pensando a me e Susy insieme, illuminati dai fotini.

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