
Come farsi aprire le porte del Paradiso e al contempo farsi odiare da tutto il parentado? Ce lo spiega Diego Ducoli in questo divertente racconto selezionato durante la Tarenzi Edition.
Concetta guardava i parenti piangere intorno al letto.
In realtà vedeva anche se stessa, visto che “galleggiava” a circa due metri d’altezza.
Era morta, lo sapeva, ma la cosa non la turbava particolarmente.
La infastidiva vedere i suoi occhi, gli ricordavano quelli del pesce vecchio al mercato, per non parlare del rivolo di bava misto a sangue che le colava dalla bocca.
“Disgustoso” pensò, distogliendo lo sguardo dalla sua carcassa.
I vari cugini, fratelli e nipoti erano arrivati come locuste, pronti a divorarsi la cospicua eredità.
«Era cosi giovane» strillava zio Vito.
«Non siamo pronti per dirle addio» gracchiò qualcun altro.
Concetta avrebbe voluto non dagli torto, in fondo aveva solo novantotto anni, l’epatite, un tumore al cervello, un paio di infarti alle spalle e il colon irritabile. Se qualcuno di loro fosse passato a trovarla negli ultimi anni, si sarebbero accorti che non era più una ragazzina.
Un tiepido vento iniziò a soffiare. Concetta cercò di ignorarlo ma le correnti si fecero più intense.
Il suo corpo, o almeno quella sorta di essenza invisibile che era diventata, venne sbatacchiato per la stanza. Sapeva di non dover andare, non era il momento.
Non era propriamente uno stinco di santo, aveva avuto un paio di matrimoni e dozzine di amanti, beveva e adorava il gioco d’azzardo. Questi e un altro paio di viziucci non la rendevano papabile per il paradiso.
Il vento la spinse contro una parete, il pavimento si ruppe e delle lingue di fiamma purpuree si allungarono sulla parete.
«Dove cazzo sono?» sbottò.
Le fiamme le avvolsero le caviglie, o almeno cosi le sembrava, ma il dolore che provava era comunque reale.
La porta si spalancò e due figure di nero vestite fecero calare il silenzio nella stanza.
L’avvocato Maretti estrasse una lettera, il suo testamento.
Concetta non riusciva a sentire le parole, ogni rumore era offuscato dal crepitare del fuoco.
Si sentiva tirare verso il basso, il peso era insopportabile.
Ma non voleva perdersi quel momento.
La lettura delle sue ultime volontà terminò, i volti addolorati divennero rabbiosi.
L’altra figura vestita di nero, il reverendo Gennaro, si affrettò a segnarle la fronte con dell’olio.
Le fiamme svanirono, e cosi anche il dolore, il vento divenne una brezza gentile e Concetta si senti spingere verso il cielo da migliaia di mani delicate.
Concetta getto un ultimo sguardo alla sua famiglia che fissava sbigottita il prelato.
«Le dedicheremo la nuova canonica, santa donna. Incompresa da tutti, ma ho sempre saputo che la sua anima fosse votata al Divino!» tuonava Don Gennaro tra un’Ave Maria e un Eterno riposo.
E tra le preghiere e alcune maledizioni Concetta, con un gran sorriso, se ne andò.