Nuotando nell’aria

L’unica vera morte è l’oblio. Un racconto di Filippo Puddu.

 
«Certo che Greta è proprio una stronza. Questo a Mario proprio non lo doveva fare. Cioè, ha sputtanato tutto per cosa? Un ragazzino palestrato col cazzo rimpicciolito dagli ormoni? Ma dai!»
Annuisco e sorrido, nella leggera brezza che ci accompagna per le strade notturne.
«E ti dirò di più,» continui «Mario è stato un signore. Se tu provassi a farmi una cosa del genere, Luca, sai cosa ti farei?»
«No, Neri, cosa mi faresti?» ti chiedo, mentre scendiamo le scale verso il sottopasso. È là che mi fermi, mi prendi tra le tue braccia e sospiri: «Ti staccherei l’uccello…» e mi baci «a morsi.»
«Mmm, quasi quasi…» Scherzo. In quel momento lo vedo: nel sottopasso, prima deserto, è ora comparso un uomo. Sta fermo, con le mani dietro la schiena e un cappuccio ben calato sul viso. Sento che ci fissa. Ho paura.
«Froci.» Sentenzia.
Ora lo vedi anche tu. Ti fai paonazzo ed è rabbia quella che si impadronisce del tuo corpo.
«Che vuoi?» Lo affronti. Nel viso nascosto dello sconosciuto, sembra brillare un sorriso.
«Hai qualche problema?» Gli chiedi, mentre ti avvicini a lui.
«Neri… andiamo dai!»
«Ehi, non rispondi?»
«Neri!»
«Fanculo…» Gli volti le spalle e fai per tornare da me. Ma quello si mette a correre e io non faccio in tempo ad avvertirti. Ora ti blocca puntandoti una lama alla gola. Il tuo petto sussulta: è il cuore che vuole fuggire e venire a me, dai miei baci, dalle mie carezze.
«Lascialo andare!» urlo allo stronzo.
«Stai zitto e non ti muovere, frocio!»
«Ti giuro che…»
«Ho detto zitto!»
La punta del coltello affonda un poco nella tua pelle, là dove ti mordevo per sentire le tue labbra sussultare di piacere.
«Abbassati i pantaloni.» Ti intima, con la bava alla bocca. «Voglio vedere come vi eccitate, Voi.»
Mi guardi. I tuoi occhi giudicano la mia immobilità. Ti slacci la cintura e gli obbedisci. Resti nudo dalla vita in giù. Il maiale trascina l’arma sulla tua maglietta, stracciandola. Fino ad arrivare giù, al pene intimorito.
«E adesso toccati, coraggio, coraggio!»
«Neri… no.» Ti scongiuro.
«Non parlare! Tu sei il prossimo! Frocio, frocio! Tu, avanti, toccati!»
Ancora gli obbedisci. Lui sussulta. La sua mano trema. Te ne accorgi. Sai che lui non sa. Gli afferri il polso prima che possa accorgersi di quanto stia succedendo. Glielo giri e le ossa cedono. Prima che il coltello tocchi terra, gli rifili una gomitata e lo scaraventi giù. Ti rimetti a posto le braghe e corri da me, mi abbracci. Ma non può finire così, non per me. Ti scosto e vado a raccogliere l’arma. Lo stronzo deve morire. Lo stronzo che nasconde un altro coltello. Così, dolorante, mi coglie alle spalle e lo infila tra le mie membra. Ancora, ancora e ancora.
 
Qui, in un cielo senza nuvole, le mia anima nuota felice. Attorno a me solo un grande tepore: è quello del tuo abbraccio che sento così reale. Ti prego, non smettere di aspettare ogni giorno un pezzo di me, invano, mentre piangi affondando il viso sul cuscino. Tormentati, non darti pace. Sono il tuo dolore e il tuo pensiero che mi tengono vivo. Non sopprimere il ricordo. Continua a farmi esistere.