Mirmidone

Strane connessioni che rivelano un potere nascosto in questo racconto di Ambra Stancampiano, quarta classificata nella Prima Edizione della Quinta Era con Walter Lazzarin nei panni della guest star.

 
Si fa chiamare il “teschio” per via di quel disegno sul sellino della sua BMX. Undici anni ed è il doppio di me. Una peste, l’ultima che ha combinato è quasi finita sui giornali: ha fatto esplodere un petardo nella marmitta della macchina della signora Jones, sono vibrate le finestre di tutto il complesso e scattati gli allarmi delle villette a schiera.
Il terrore di noi bambini, l’anno scorso ha tirato i capelli a Terry fino a strappargliene una ciocca. Io non lo sopporto, ma per me è troppo grosso anche se abbiamo la stessa età.
 
L’ho visto in mezzo al prato insieme al suo amico Dolph, guardavano verso il basso ridendo; a pochi metri da loro, la pallina di Rex che ero uscito a cercare. Ho imprecato, poi mi sono avvicinato evitando il più possibile il loro sguardo, cercando di farmi piccolo piccolo. Non mi hanno neanche visto, assorti nel loro passatempo: Dolph era piegato in due dalle risate, mentre il teschio armeggiava con una lente d’ingrandimento su un monticello di terra.
Mi sono chinato per raccogliere la pallina e una fitta inaspettata alla schiena mi ha fatto inciampare. Era come se qualcosa mi avesse bruciato. Mi sono rialzato ed è successo di nuovo: un’altra fitta, stavolta alla gamba, e una sensazione di tristezza, come se qualcosa dentro me fosse morto.
 
Mi sono diretto verso casa mia, sono dovuto ripassare davanti a quei due: Dolph stava versando qualcosa da una lattina sul monticello di prima.
Ho fatto appena in tempo a capire che era un formicaio, che il liquido marrone ha toccato terra travolgendo una striscia nera di formiche in un fiume schiumoso. Mi sono sentito pizzicare da tutte le parti, mi è salito un conato di vomito. Sono caduto di nuovo.
Il teschio mi ha notato, è venuto verso di me:
«Ehi Dolph, guarda! La femminuccia sta male, forse ha le sue cose.»
Dolph si è gettato la lattina alle spalle e mi si è avvicinato.
«Non dovreste prendervela con le formiche.» Ho detto con un filo di voce «Siete bravi solo con chi è più piccolo di voi.»
«Eh sì, Dolph. La signorina ha le sue cose, facciamogliele passare.»
Il teschio ha alzato una gamba. Io ho chiuso gli occhi, per prepararmi psicologicamente al calcio nello stomaco, ma niente.
Li ho riaperti dopo qualche secondo, poi li ho richiusi e li ho riaperti un’altra volta, ma l’immagine che mi si è parata davanti non è cambiata: una colonna densissima di formiche si era arrampicata sulla gamba del Teschio fino a coprirla di un nero uniforme, lui era bianchissimo e paralizzato. Più in là, Dolph scappava da una gigantesca macchia nera che lo inseguiva sul prato.
 
Dopo averli messi in fuga entrambi, le formiche sono venute a me. Le ho accolte tutte sul mio corpo, in un abbraccio che è stato come una carezza che non sapevo di desiderare. Mi hanno sussurrato che insieme siamo un uno e un tutto, e che adesso che mi hanno trovato non mi lasceranno mai più.
Qualcosa in me è rabbrividito, ma è stata una parte così piccola che è scomparsa subito di fronte alla Nostra grandezza.

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