
Un’umanità in fuga… o alla ricerca di un nuovo mondo e di se stessa. Quarto classificato nella Terza Edizione della Quinta Era con Francesco Troccoli nelle vesti di guest star, un racconto di Roberto Romanelli.
«Yeeeeh!»
Eva entra ondeggiando attraverso la porta che si solidifica dietro di lei. Ubriaca persa.
«Sciao amooore!»
Per fortuna il nostro cubicolo è piccolo, così non deve fare troppi passi prima di sbattere contro una delle pareti e rimanere in piedi.
«La guerriera vince di nuovo. PUM, PUM!»
Si appoggia ai sensori di controllo del letto, ma li ho già riconfigurati su VOCALE.
«Perché quescto coso non esce? Dobbiamo festeggiaree!»
Mi mostra l’avambraccio destro. Il tatuaggio di controllo ora è di un rosso acceso e ci sono almeno dodici nuove diramazioni secondarie che partono dal cerchio esterno. Un bel salto.
Mi guarda socchiudendo le palpebre.
«Oh, che diavolo.»
Si tocca il polso e spalanca gli occhi. Ogni volta rimango attonito da come i naniti riescano a dissipare gli effetti dell’alcol in pochi istanti.
«Adesso dimmi perché ho dovuto buttare via cinquecento crediti di festeggiamenti coi colleghi.»
Non è arrabbiata. La mia Eva è intelligente o non sarebbe riuscita ad ottenere il grado di Ecatoncheiros così giovane. Sospiro.
«Al ricevimento di oggi c’era anche la Supervisore. Ha scelto me e Vittorio, ma poi ha deciso di rilassarsi solo con me.»
«Ottimo, ci hai lavorato tanto, immagino che avrai avuto parecchi crediti bonus.»
Eva non è mai stata gelosa, non potrebbe esserlo visto che, se lei abbatte navette aliene per proteggere la Nave Colonia, io faccio l’intrattenitore per la dirigenza.
«Aveva il mio codice di sblocco.»
«Cosa?»
Forse avrei dovuto preparare la cosa meglio, ma lei è l’unica con cui non sono mai stato bravo a parole.
«Come fa quella stronza ad avere il tuo codice di sblocco? No aspetta, è ovvio che possa averlo, ma quel codice è mio!»
Cosa può fare una Echatoncheiros di ventitrè anni dentro a un cubicolo per coppie senza i suoi droni di attacco? Niente, anche se è fuori di sé come la mia Eva.
«Puttana! L’ho prenotato io quel codice, aspetto da più di due anni!»
Mi fissa con occhi a metà tra l’assassina e una bimba a cui è caduto il gelato.
«Tu non hai, cioé… sei riuscito a fermarti, vero?»
«Non del tutto, l’ha sussurrato proprio mentre facevamo sesso, ho fatto appena in tempo ad attivare un anticoncezionale.»
«Quella troia, vediamo per quanto tempo riesce a trattenere il respiro senza tuta spaziale.»
La afferro per il braccio prima che esca a fare una sciocchezza.
«Stai tranquilla, ho riferito all’Agenzia di un problema con gli inibitori: per qualche giorno sarò fuori dal giro per visite mediche. Poi basterà evitarla, guadagnerò meno ma, ehi, adesso ci sei tu che porti a casa i crediti.»
Sorrido e dopo un po’ si lascia andare. Facciamo l’amore, lei non ha il mio codice ed io non posso dirglielo: niente bambini non programmati su una nave colonia.
Vado in bagno a lavarmi, deformazione professionale. Apro il beauty e la mano scivola sulla tasca nascosta: mi rimane solo un chip di Ipnosi. Uno l’ho usato su di me, per dimenticare lo schifo che ero prima di salire sulla IT-152. Uno su Eva, per farla innamorare. Forse è tempo di usare anche l’ultimo.