
La voce di mia sorella viveva in una cassetta BASF da 90 minuti.
L’avevamo incisa insieme nell’88, su una copia pirata di Ghosts ’n Goblins. Prima un coro di bit, poi noi due: barzellette, suoni, risate, e una traccia audio che recitava: «Se ascolti questa parte, vuol dire che mi pensi ancora.»
Era scomparsa nel 2049 senza una spiegazione. Non smisi mai di cercarla, finché un giorno un drone-corriere non mi consegnò una scatola anonima. Quella notte ne tirai fuori il contenuto, vecchie cassette che sapevano di polvere. Accesi il mio C64. Funzionava ancora.
LOAD “*”,1
PRESS PLAY ON TAPE
Il nastro frusciò, il datassette vibrò come una conchiglia tra le onde.
Il caricamento si dilatò come il respiro di un innamorato. Lo schermo del Mivar sfarfallò per un minuto. Uno sprite si materializzò nel vetro: era lei, in pixel art, con la maglietta dei Cure e le cuffie giganti. Saltellava in un platform che somigliava a casa nostra, a tratti fluttuava su un cielo di un colore che non avevo mai visto. Ogni livello era un ricordo piratato.
Quella volta che duplicammo trenta giochi in un giorno.
Il pomeriggio in cui le insegnai a crackare i loader.
La notte in cui disse: «Copiamo tutto, così non dimenticheremo niente.»
Alla fine, il suo personaggio si bloccò davanti a un televisore spento. Apparve un testo bianco.
Non ero io, lo sai. Eppure ci sono ancora. Copia. Carica. Ricorda.
Tutto si dissolse.
Il Commodore si spense. Il nastro si era spezzato.
Sulla plastica lucida del datassette, riflessa tra polvere e lacrime, vidi per un attimo una scritta lampeggiante:
Turbo Tape Mode: DREAMLOADING
E in sottofondo, debolissima, la sua voce: «Aspettami nel lato B.»
Sorrisi, premetti il pulsante. Lo sportellino scattò. Girai subito la cassetta. Spinsi il pulsante PLAY.
Nessun fruscio. Nessun caricamento. Solo silenzio.
Lo schermo si riaccese da solo. E questa volta non c’era il gioco. C’era lei, davanti alla webcam, più vecchia, più viva. Più reale di quanto potessi ricordare. «Non sono morta, sorellina. Ma tu… tu sei rimasta indietro. Vieni a prendermi. Ho nascosto tutto nei codici.»
Per giorni cercai tra floppy corrosi, loader dimenticati e giochi crackati a dodici anni. Ogni copia illegale era un indizio. Lei aveva davvero nascosto qualcosa: un indirizzo IP in un file chiamato LODE.RUN, che conduceva a un sito sconosciuto perso nel Web.
Nel video in low-res su un vecchio server, una figura si avvicinava. Cominciò a parlare. «Sapevo che mi avresti trovata. Avevo bisogno che fossi tu. Solo tu avresti capito che piratare un ricordo può essere l’unico modo per salvarlo.»
Aveva piratato sé stessa per rifugiarsi. Era sempre stata una pioniera, un’esule, una visionaria. Voleva proteggere una tecnologia capace di trasformare i ricordi in presenza. E aveva scelto me come custode dei suoi segreti.
«Carica il lato B, sorellina. Ci divertiremo un mondo, come ai vecchi tempi.»
Nel riflesso dello schermo c’era il mio volto, e dietro, lei, con una nuova cassetta in mano. Mi sorrise. «Press play on tape.»