Come acqua

Donmary soffiò un lieve richiamo.
Il suo fiato si unì al rollio delle onde sullo scafo della Saetta.
Aliseo proteggimi e portami via da qui.
Dondolò il braccio destro, come una bambina che gioca con il vento.
Uno degli uomini che l’aveva sbeffeggiata di più diede una manata sulla spalla di un compare. «Che stai facendo? Sbrigati, Muta!»
L’altro scoprì i denti neri in un ghigno. «Il capitano dovrebbe usarti per divertirsi.»
«Ma se non può nemmeno urlare!»
Donmary li ignorò. Un passo dopo l’altro percorse tutto il perimetro del ponte. Un liquido chiaro le gocciolava giù dalla manica.
«Al prossimo sbarco ti lasciamo giù! Fannullona!» Il capitano Varrik era sul cassero con il timoniere. Reggeva ancora tra le dita grassocce la mappa che lei si era fatta trovare addosso.
Salì i gradini e il legno scricchiolò sotto i suoi stivali consumati. Si prostrò in un inchino. Soltanto che lei non aveva un’ampia gonna di merletti, ma stracci unti.
Le labbra del capitano si contrassero in una smorfia. «Non ti dò da mangiare per camminare, vai a pulire la mia nave.»
Un brivido le si appiccicò alla schiena. Stava sudando. Aveva paura, ma era quello che voleva. Scosse la testa.
Il timoniere sbuffò. «Capitano, dovrebbe…»
Varrik gli stropicciò la mappa in mano. La raggiunse e l’afferrò per il polso sinistro. «Ora vieni con me.»
Donmary deglutì. Si lasciò condurre giù nella stiva, fino alla cabina del capitano.
«Dovrei gettarti in mare!» La lasciò e lei barcollò verso il tavolo cosparso di monete e pergamene. «Se solo non mi avessi portato una delle mappe che mi ha reso ricco.»
«Ricordate…» La voce le grattò la gola. Si era finta muta per tutti quei mesi. Aveva sopportato, per tutti quei mesi, di stare in mezzo a quegli uomini. Si era finta così innocua…
«Ora sai parlare?»
Donmary deglutì. Lo guardò negli occhi cerchiati dalle rughe scottate dal sole. «Una delle teste che avete fatto penzolare a prua della vostra nave… Era quella di mio marito.»
«Hai preso un colpo di calore?»
«No… La vendetta è qualcosa di freddo, somiglia a un cadavere. Non credi?»
Il capitano posò la mano sull’elsa della sciabola. «Che cosa…»
Le urla raggiunsero la stiva, percorsero la nave. Affondarono nel legno come il morso di un mostro marino.
«Si scioglie tutto!»
La paura confondeva le parole e i passi veloci sopra le loro teste.
Il capitano l’afferrò, le torse il braccio e la fiala le sfuggì dalla manica rotolando a terra. «Che cosa hai fatto!» La mollò come se si fosse punto.
«La magia su quell’isola non era una bugia. Ti ho reso l’uomo più ricco del mondo…» gli sorrise, «In fondo al mare.»
«Sei una sciocca.» Caricò uno schiaffo, ma Donmary gli agguantò la mano. La fede nuziale di suo marito non meritava di stare su quel dito. Tirò fino a sfilarla.
«Forse no.» Gli passò sotto al braccio e scappò oltre la porta della cabina.
La inseguì soltanto un tonfo. Il capitano doveva essere scivolato.
Il legno le ondeggiava già sotto ai piedi come acqua.
Aliseo proteggimi e portami via, a casa, sana e salva.