Qualcosa per farli tacere

«Prego, si accomodi.»
Il dottore aveva lo sguardo gioviale, gli occhiali ne rimpicciolivano gli occhi. Indicò una poltrona davanti alla scrivania, senza prestare attenzione al lettino alle proprie spalle.
Meglio, pensò Paolo. Era pronto a farsi dare del pazzo. Con gentilezza, come sanno fare gli psichiatri. Ma non era necessaria la pantomima del “mi parli di sua madre”.
Voleva solo una manciata di pillole che gli regalassero il silenzio chimico. Non gli interessava scoprire quale ingranaggio arrugginito stesse producendo quella tortura.
«Qual è il problema?»
«Il maledetto ronzio. Di continuo. Come una radio mal sintonizzata»
Il medico aggrottò le sopracciglia.
«Gli acufeni possono essere un sintomo di patologie delle vie acustiche.»
«Mi hanno già rivoltato le orecchie. I suoi colleghi hanno frugato qui con una TAC» si tamburellò la fronte «e non c’è nessun ospite.»
Fissò lo psichiatra negli occhi.
«Dentro» aggiunse in un soffio.
«Dunque lei ipotizza che ci sia qualcuno…fuori?»
Paolo balzò in piedi e annuì. Che bravo era, aveva capito subito.
Ora gli avrebbe dato i farmaci e tutto si sarebbe risolto per il meglio.
«Chi ci sarebbe, fuori?»
«Nessuno. Ma io li immagino, credo. Parlano così velocemente che quasi non riesco a capirli. Quasi mai. Chiacchierano fra loro ma ora che si sono accorti che li percepisco, a volte si rivolgono a me.»
«Cosa dicono?»
Paolo sospirò. Come la faceva lunga.
«Non è importante. Non esistono.»
Il dottore lo guardò gravemente.
«Sono manifestazione della sua psiche, dobbiamo sapere cosa vuol comunicare l’inconscio.»
Paolo sbuffò.
«Dicono…camicia macchiata. Vaso, bacca, topi. Almeno, è quello che mi pare di sentire. Non ha senso. Mi darà qualcosa per farli tacere, vero?» implorò Paolo.
Il dottore tolse gli occhiali e si sfregò gli occhi. Afferrò il ricettario e vi scrisse alcune parole.
«Queste sono benzodiazepine. Riducono l’ansia. E questo è un antipsicotico. Torneranno a darle un giudizio di realtà. Quel ronzio che sente è frutto della sua testa, lo sa?»
Paolo afferrò il foglietto, gli strinse la mano con foga e si precipitò fuori dallo studio.
Sulla porta comparve la segretaria.
«Dottore, è il secondo paziente che se ne va senza pagare. La Lumia è sgattaiolata via senza che la vedessi, questo qui è corso fuori come una furia.»
«Non fa niente, Barbara, questo lavoro mi dà ben altre soddisfazioni. Per cortesia, porta questo alla raccolta differenziata. E chiudi la porta, non ci sono per nessuno.»
Barbara gettò un’occhiata nel cestino.
«Il suo vaso di Baccarat. Che peccato, è caduto?»

Non appena la porta si fu chiusa, il dottore tolse la giacca di tweed. Le maniche della camicia erano lorde di sangue.
Sotto la scrivania giaceva, con la testa fracassata, la signora Lumia.