Al caldo

Agata, un pendolo tra bancone e forno, inondava la pasticceria di un denso profumo di zucchero e burro fuso. Fu allora che entrò il poliziotto, grassoccio e con lo sguardo severo. Scortava un esserino emaciato e bruciato dal freddo, le mani rosse e rigide come rami secchi.
 
– Lavoro di pubblica utilità, proprio qui – ammise l’agente. – Ordinanza del giudice. Il signorino è un ladro.
 
– Non volevo rubare. Avevo freddo… – pigolò il bambino, sui cinque anni o poco più. Gli occhi famelici già sulle torte del bancone.
 
Agata provò a sorridergli, ma il poliziotto la interruppe con un’occhiata ammonitrice: – Niente torte. Vuole stare al caldo il lord. C’è da ripagare il danno, vai di ramazza!
 
Agata indicò al bimbetto uno sgabello di fronte al forno. Gli occhi di lei brillavano di una luce febbrile. Non era un’idea, era un’ossessione che le serpeggiava dentro, un pensiero che si faceva strada tra i profumi dolciastri e il calore soffocante: – E se tu mi aiutassi a preparare una torta? Una torta tua?
 
Gli occhi del piccolo si illuminarono e una scintilla di speranza brillò nel suo sguardo: – Sì!
 
– È un’ordinanza del mio… cuore – disse Agata incurante delle proteste dell’agente. – Oggi prepariamo la Torta del Redento. Agente, adesso ci penso io.
 
Il poliziotto insistette: – No, così non va bene. Il giudice…
 
Agata si piazzò tra i due, in tutta la sua stazza e la sua cocciutaggine. L’agente, alla fine, fece spallucce, afferrò un giornale e si accomodò al tavolino rotondo vicino al muro, così da non perdere di vista il ladruncolo. Agata gli servi una tazza di tè nero e una fetta di torta alle mele: – Offre la casa.
 
Tornò dietro il bancone, sgombrò il suo grande tavolo di lavoro. Mise un grembiulino al pupo e via di latte, farina, uova gialle, panna fresca, zucchero a velo e gocce di cioccolato.
Il bimbo, concentrato, si applicò nel compito. Ruotò la manovella, setacciò la farina, assaggiò un poco di crema con circospezione. Il profumo di vaniglia riempì l’aria incurante dei borbottii dello sbirro sullo sfondo.
 
Quando la glassa, candida come neve al sole, iniziò a sciogliersi lentamente lungo i bordi della torta, Agata annuì con soddisfazione. Allungò una mano e spostò una ciocca dalla fronte del bimbo che la guardava con un sorriso timido: – Qui siamo al buono, agente.
 
Aprì il forno e i suoi occhi brillarono. Con una forza sorprendente, afferrò il piccolo per le gambe e lo sollevò a mezz’aria: – Adesso tocca a te, piccolo redento.
 
Gli occhi del piccolo spalancati in un misto di sorpresa e terrore. Agata lo lanciò all’interno e richiuse lo sportello con un calcio. Un grido spezzato.
 
– Agata, sempre la stessa storia – sbuffò il poliziotto, piegando il giornale. – Non possono scapparmi tutti?
 
– Con quella pancia? – cinguettò lei, danzando leggera sulla melodia delle urla ovattate che riempivano la stanza mescolandosi al crepitio della legna.
 
Si avvicinò allo spioncino, il naso che fremeva. – Mmh… che profumino delizioso. Meglio controllare… non voglio che si bruci.
 
(Copertina generata con chatgpt)